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L’economia dev’essere al servizio dei poveri, di chi è in condizione di fragilità e di bisogno».

GUARDA IL VIDEO con Silvano Rossi, Giandonato Salvia, Marco Trabaldo.

Regia e montaggio a cura di Marco Riva

 

di Piergiacomo Oderda


Silvano Rossi si impegna con l'associazione “Argentina Anna Laura Onlus”

 

L’economia dev’essere al servizio dei poveri, di chi è in condizione di fragilità e di bisogno».

 

In occasione della presentazione del libro di Giandonato Salvia, “L'economia sospesa. Il Vangelo (è) ingegnoso” (ed. San Paolo, 2019), incontriamo Silvano Rossi presso la cooperativa Arco in via Capriolo a Torino. Gli poniamo una domanda sul suo lavoro per il Terzo settore. «Ubi Banca ha deciso già da un po’ di anni di dotarsi di una divisione commerciale specifica sul Terzo settore. Nel corso degli anni, è diventata un’area strategica della banca, dal 2016 in avanti. Fondamentalmente facciamo assistenza sia al Terzo settore sia alle filiali, perché i clienti del Terzo settore sono clienti diretti delle nostre filiali». Cito un passaggio dell'ultima lettera pastorale di mons. Nosiglia “Il tesoro e la perla preziosa”: “oggi le condizioni di vita di tante persone e famiglie sono peggiorate e le prospettive sono ancora molto incerte. il nuovo modello di sviluppo si realizza poco per volta anche attraverso tante piccole scelte quotidiane che però sono ispirate e ordinate ai principi della cooperazione responsabile e della solidarietà”. «Mi viene in mente l’importanza dei piccoli passi quotidiani, di come sia importante abituarsi quotidianamente ad avere attenzione nei confronti dell’altro. E’ l’idea del progetto Tucum, ci aiuta a comprendere come a livello pratico ci possa essere un’economia che non è un ossimoro, economia e etica, economia e benessere anche dei poveri. L’economia dev’essere al servizio dei poveri, di chi è in condizione di fragilità e di bisogno». Silvano Rossi si impegna con l'associazione “Argentina Anna Laura Onlus” a sostegno delle suore missionarie di San Giuseppe, ed anche nel coro “Hope”. «E' un coro nato dalla volontà della diocesi di Torino dieci anni fa, con l’idea di fare un percorso per i giovani che trovano nella musica la possibilità di trovare un messaggio positivo, di speranza. Parallelamente abbiamo un’attività di sostegno missionario che svolgiamo ormai da quindici anni. Inizialmente, abbiamo cominciato con un’attività a favore di un gruppo missionario delle suore missionarie della Consolata. Abbiamo proseguito aggiungendo un progetto che va ad aiutare le suore missionarie di Pinerolo. Svolgono la loro attività in Sudamerica, in Brasile e Argentina, cerchiamo di dare una mano con quel che possiamo, organizzando cene, momenti conviviali e la vendita di panettoni a Natale. Il titolo del progetto è “Sulla rotta per Ihanga”, un piccolo paese della Tanzania; il primo progetto nato con questo coro è stato rivolto a questo piccolo villaggio. Per noi Ihanga simboleggia il luogo in cui c’è bisogno di rimboccarsi le maniche, darsi da fare, metterci la faccia, entrare nelle questioni. Il motto della nostra azione di raccolta fondi è “moltiplicare la condivisione sommando le differenze”. Abbiamo capito che c’è Ihanga ma non c’è solo Ihanga. Da lì, anno per anno, abbiamo cominciato a dare una mano a tutta una serie di progetti. Sono già quattro progetti, tre in Africa e uno in Sudamerica proprio perché, moltiplicando la condivisione e sommando le differenze, si riesce a creare questo contagio che fa sì che questi progetti si riescano a realizzare in modo concreto». Cito qualche parola di Zamagni tratte da un articolo pubblicato su Avvenire, in cui accennava all'”aporofobia”, il disprezzo del povero, il Terzo settore sotto attacco. «Il povero: bisogna capire cosa s’intende, c’è la povertà materiale, la povertà umana. Noi abbiamo il dovere quando ci approcciamo di fronte ad un povero di capire qual è la sua esigenza, metterci in atteggiamento di empatia. Il povero è sotto attacco quando non si capisce bene che dietro ad un povero c’è una persona, chiunque di noi può trovarsi in quella situazione».

Ci avviciniamo all'autore del libro, Giandonato Salvia, nominato tra i componenti del comitato organizzatore di un evento voluto da papa Francesco per il 26/28 marzo ad Assisi. «E’ stata una chiamata molto emozionante e molto forte. Il Papa chiama “under 35”, in particolare economisti, studenti di economia, “change makers”, persone che sognano un’economia diversa. Vuole fare un patto per cambiare quest’economia, ridarle un’anima. Nei telegiornali l’economia è una cosa brutta, quando si parla di spread, d’inflazione. In realtà l’economia, nel termine semplice, è gestione della casa, la casa comune oggi è il pianeta. Cosa significa? Vivere, fare la tua parte lì dove tu sei, senza fare cose straordinarie. Il progetto per cui sono stato anche chiamato si chiama progetto Tucum, è un’App che abbiamo sviluppato nella nostra società, io e il mio fratello Pierluca. Si chiama App Acutis, una “start up” tecnologica  a vocazione sociale.  Abbiamo sviluppato quest’App Tucum che permette di donare un pasto alle persone più povere, riconoscendo che in quella persona c’è un volto e una dignità. In particolar modo, tocchiamo il concetto dell’elemosina, spesso dietro questa carità c’è un grande abuso di persone “false povere”, il nostro progetto cerca di intercettare la carità vissuta per strada e restituire al povero una dignità che viene data dall’accompagnamento ad un percorso di promozione sociale. Non soltanto darti da mangiare, Giorgio La Pira direbbe che la carità e la giustizia sociale sono due cose differenti. Giustizia sociale è dare da mangiare, carità è permettere alla società di essere trasformata da sogni, da persone che si impegnano». Gli chiediamo quanto hanno influito sul suo percorso le esperienze in Africa. «Ho conosciuto l’Africa grazie a mio padre che partiva come medico missionario, quando avevo otto anni. Non capivo cosa significasse partire in Africa. Ho maturato con il tempo che il fatto che mio padre diventasse padre per un attimo di bambini che tra l’altro erano bambini orfani, questo a me non toglieva nulla come rapporto padre / figlio, anzi mi arricchiva perché permetteva di vedere mio padre come padre di più fratelli, chi dona non si impoverisce, viene arricchito anche lui». L'iniziativa si svolge presso la sede della cooperativa Arco di cui è rappresentante legale Marco Trabaldo. «La cooperativa Arco è una cooperativa sociale che ha ventisette anni di vita, nasce negli anni Novanta per la lotta alle dipendenze, e poi nel corso della sua storia ha ampliato i suoi ambiti di riferimento e di azione. Oggi lavora con minori stranieri non accompagnati, madri in difficoltà con i loro figli, gestisce un housing, un ambulatorio sanitario, centri diurni per disabili, lavora sul territorio sul problema della casa. I problemi sociali si diversificano e quindi la cooperativa si è mossa sempre per rispondere nel suo piccolo. In via Capriolo c’è la sede legale, due centri diurni per disabili, un housing, uno studentato per studenti che arrivano da Paesi in via di sviluppo, due comunità per tossicodipendenti, una comunità per minori stranieri non accompagnati, una comunità genitore bambino. E’ un coacervo, una coabitazione incredibile di persone che apportano il loro contributo e ricercano un po’ di soluzioni».

Nella foto, da sinistra, Silvano Rossi e Piergiacomo Oderda

Piergiacomo Oderda 

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