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No violenza sulle donne. Anche in DAD i lavori degli studenti Liceo Artistico Buniva Pinerolo

LE FOTO DELLE OPERE ARTISTICHE  NELLA FOTOGALLERY

No violenza sulle donne. Anche in DAD i lavori degli studenti del Liceo Artistico di Pinerolo

Le immagini di alcune opere realizzate dalle studentesse del Liceo Artistico "M. Buniva" di Pinerolo

Il Covid ha modificato i nostri comportamenti, il nostro agire e le nostre sensibilità. Anche la scuola si è dovuta adeguare ai vari DPCM, alla didattica a distanza. Eppure, anche in queste situazioni, la scuola non molla. Non cedono gli insegnanti e nemmeno gli studenti. Quando si tengono alte le motivazioni i risultati arrivano. Così, pur non potendo usufruire dei laboratori, gli studenti della classe 5B Arti Figurative del liceo Artistico "M.Buniva" di Pinerolo, seguite con la passione e la competenza della loro insegnante prof.ssa Donatella Beltramone (laboratorio della figurazione)  con la collaborazione della prof.ssa Noemi Iocolano per la parte riguardante la storia, sono riusciti a portare a termine un lavoro scolastico di grande valore.

"Tempo fa ci è stato chiesto di collaborare con un'associazione del territorio, per una mostra dei lavori dei nostri studenti, dedicata al contrasto della violenza sulle donne. La tematica è regolarmente trattata al Liceo artistico e molte mostre inerenti sono state realizzate. L'attività in presenza è stata impossibile in questo momento, ma nulla toglie ad un artista la possibilità di esprimersi con il suo linguaggio e quindi, permettetemi di condividere oggi con Voi, un breve documento realizzato con alcuni lavori che gli studenti hanno dipinto durante le lezioni in DAD. E' un piccolo assaggio del frutto di una formazione e informazione condivisa e approfondita, su più livelli di competenze didattiche, con restituzione attraverso la comunicazione visiva, pittorica in questo caso. Molte altre sono le opere realizzate, se avrete piacere, il pdf sarà visionabile anche sul sito del Buniva e nei giorni futuri sarà arricchito di nuove opere".

Ecco alcune riflessioni sulle opere eseguite

Violenza: /vio-lèn-za/ Azione volontaria, esercitata da un soggetto su un altro, in modo da farlo agire contro la sua volontà.

La violenza, di qualsiasi genere, è un’azione deplorevole, che mai nessuno dovrebbe compiere o subire, ma purtroppo la società contemporanea sembra essere basata sugli abusi. La violenza sulle donne è tuttora quella più diffusa...forse perché è ancora troppo condiviso il pensiero che la donna sia inferiore all’uomo o che addirittura sia una sua proprietà. É molto triste sapere che nel 21° secolo circolino di queste idee e non esista la parità dei sessi. Inoltre è inquietante pensare a quante tipologie di violenza esistono: fisica, psicologica, sessuale, economica, religiosa. Ed è ancora peggio pensare a quelle persone, uomini e donne, bambini ed adulti, che subiscono tutto ciò. Molto spesso si tratta di violenza silenziosa, le vittime non hanno le forze di denunciare, ma un atto di denuncia è sempre possibile: uno sguardo può dire più di mille parole, è vero che è una frase fatta ma è anche vero che è una frase eccezionalmente vera".

 “Ormai siamo abituati a non badare troppo agli altri, forse anche a causa della nostra vita frenetica… basterebbe fermarsi un secondo ad  osservare una persona negli occhi e si capirebbero tante cose.  Lo sguardo è una sottile forma di denuncia, sta a noi coglierla. É questo il messaggio che ho voluto trasmettere tramite la mia opera: occhi di una persona di cui non ho voluto distinguere il sesso, proprio per rappresentare che la violenza non abbia nè età nè genere. Sopra lo sguardo ho impresso le impronte delle mie mani, che materiche, risaltano per via del colore rosso. La scelta delle impronte è dovuta al fatto che la violenza lascia sempre un segno, sia interiormente che esteriormente. L’opera è basata sul contrasto di colori: la carnagione molto pallida del volto, gli occhi verdi e le impronte rosse. Ho cercato di realizzare un’opera evitando di cadere nel  crudo realismo, ma pur sempre tentando di esprimere un messaggio di speranza e di invito alla lotta”.

Elisa Venturelli

La porta

 “Contro la violenza sulla donna, non ho voluto affrontare la tematica in modo troppo diretto, ma bensì in maniera velata e ho deciso di raffigurare una donna allo specchio, che si trucca. Con questo soggetto volevo infatti ritrarre una donna che, nonostante le offese e le umiliazioni decide di non lasciarsi andare, di non darla vinta a chi vuole schiacciarla con prepotenze e mortificazioni. Ho quindi deciso di fare una fotografia da poi rivisitare e proporre sulla tela. Ho truccato, pettinato e vestito mia sorella con lo stile degli anni ’50 e ’60: con l’immancabile eye-liner, il rossetto rosso, i bigodi, un vestito a tubino, una collana di perle a doppio filo e orecchini d’oro a cerchio. Giocando con le luci e con i riflessi, l’ho fotografata in diversi momenti: mentre si metteva il rossetto, mentre si guardava allo specchio, mentre si sentiva bella. Tutto ciò può sembrare estraneo al titolo che ho scelto per la mia opera: “La porta”. La porta, infatti, con i suoi toni smorti, sta a significare l’interiorità della donna dell’opera, il segno di tutte le mortificazioni e umiliazioni, a cui non vuole cedere, ma che nel profondo la segnano e la fanno sentire “smorta”, come quei colori. Poco a poco chi sta dietro la porta, le ha tolto quella vivacità, anche se lei tenta di nasconderlo, agli altri e a sé stessa”.

Giorgia Netti

Phoenix

“La tela da me realizzata ha origine dall’analisi del termine “sopravvissuta”. Spesso, quando si parla di violenza sulle donne, ci si riferisce con la parola “vittima” a chiunque l’abbia subita. Questo termine però sottolinea l’irreversibilità di tale condizione ed è erroneamente utilizzato anche per indicare chi è riuscito a rialzarsi dall’incubo della violenza. I femminicidi purtroppo sono in numero crescente ogni anno, episodi di violenza compiuti per le più svariate e mai valide, ragioni. Esistono però situazioni in cui la donna riesce a denunciare, a trovare il coraggio per camminare verso l’uscita di un tunnel che pare infinito. La tela vuole celebrare il coraggio di queste donne, senza dimenticare i segni che la violenza ha lasciato. Il soggetto è una ragazza con il corpo percorso da cicatrici, a cui si accompagna l’impronta di una mano al centro della schiena. Essa è il “segno indelebile” della violenza, un marchio che la donna sente costantemente su di sé. La libertà è invece simboleggiata dal falco sulla spalla, la cui colorazione a tinte autunnali rimanda alla creatura mitologica della “fenice”, conosciuta per l’abilità di rinascere dalle proprie ceneri. Gli sguardi così diversi, eppure vicini, dei due soggetti esortano l’osservatore a comprendere che la rinascita raffigurata può esserci per chiunque abbia coraggio di affrontare il buio, che copre”

Valentina Puppini

La violenza di genere come arma di guerra

 Per la realizzazione della tela sul tema della violenza sulle donne, o più in generale della violenza di genere, ho deciso di spostare il mio sguardo un po' più a sud, in territori come il Sud Sudan e il Congo. Qui gli stupri di massa, le violenze sessuali e mutilazioni sono usati ogni giorno, ancora oggi, come arma di guerra strategica per abbattere il nemico. Donne e bambini vengono violentati per distruggere le famiglie, costringerle a scappare e di conseguenza ad abbandonare i villaggi e recare danni agli uomini. Seppur non così distanti quanto pensiamo, spesso rimaniamo all'oscuro di questi avvenimenti che ci appaiono appunto lontani e quasi surreali. Ho scelto di trattare questo argomento nello specifico per i motivi appena citati, io stessa ne avevo solo una vaga idea, così mi sono documentata e ho guardato svariati video di testimonianze di donne che sono sopravvissute a queste violenze. Il soggetto che ho scelto di raffigurare è una donna incinta con in braccio una bambina, coloro che subiscono di più sono proprio i bambini infatti, sottoposti a questo tipo di violenze sin da molto piccoli e il più delle volte abbandonati se nati da esse. La donna ha indosso solo un turbante e un lenzuolo con cui tiene la bambina, due fucili le sono puntati alla testa. Per lo sfondo ho incollato dei fogli di giornale, alcuni riportano parole chiave inerenti all'argomento mentre altri sono puramente decorativi; essi rappresentano la quantità di informazioni con cui veniamo “bombardati” ogni giorno e alle quali troppo spesso non prestiamo attenzione.

Eleonora Agostino

Io mi annullo

 L’annullamento, un tipo di violenza che potrebbe essere inflitta ma che ci si può anche autoinfliggere. Al centro dell’immagine appaiono tre sedie rosse, simbolo di violenza e di posto occupato dalle donne che l’hanno subita. Sopra di esse tre oggetti correlati in modo simbolico a tre tipologie di annullamento, legate a donne, bambini, uomini. Ho tratto ispirazione dalla serie tv “il racconto dell’ancella”, dove le donne vengono sfruttate per produrre figli, perdendo la loro identità di donne e diventando delle semplici incubatrici. Ho scelto una via simbolica per rappresentare l’annullamento della donna, rappresentando l’utero come una bottiglia adatta a contenere sia olio che aceto, evocando il corpo della donna. Ho poi voluto rappresentare l’annullamento dei bambini con lo sfruttamento del lavoro minorile, dipingendo un telaio vuoto, solo con l’ordito nella speranza, utopica,  di un mondo in cui i bambini possano giocare, oziare, studiare, ridere ed essere sereni. Sulla terza sedia ho inserito un comunissimo pc, ad indicare le situazioni in cui l’uomo e le donne, annientando il loro essere, vivono per il lavoro e non lavorano per vivere. Questo tipo di annullamento può essere inflitto ma anche autoinflitto. Ho rappresentato il pc spento nella speranza che si percepisca l’utilità di togliere lo sguardo e vivere appieno la Vita.

Sara Ricca

«Tu come raccoglieresti una rosa?»

Raccogliere una rosa implica due cose: l’attenzione a non farsi male con le spine raccogliendola e un’uguale cura nel maneggiarla per non rovinare i petali. La tela rappresenta metaforicamente la donna come se fosse una rosa, in questo caso una ragazza, per dare più purezza ed ingenuità alla figura rispetto a una donna più matura. La rosa è delicata e pura e anche solo sfiorandola le si possono far cadere dei petali, perciò si deve stare attenti a come la si tratta, e la stessa cosa vale per la donna, persino se si sfiora, ella si fa male, ma anche chi ha osato toccarla, perchè la rosa è munita di spine, quindi in questa tela la ragazza si ritrova smarrita e impaurita, ma non è solo indifesa, perchè se volesse o meglio se riuscisse si potrebbe ribellare tirando fuori le sue spine per proteggersi. Ma io ho voluto descrivere l’atto di violenza in azione e lo stato confusionale della ragazza aggredita e successivamente lei stessa dovrà trovare il coraggio e la forza per ribellarsi. Per questa ragione la mia tela ritrae delle mani scorbutiche in atto di violenza rivolte verso di lei, che si trova appunto in mezzo ad una confusione violenta e guarda spaesata fuori dalla tela come volesse uscire.

Francesca Tortello

A volte il silenzio è violenza

 Ho pensato inizialmente di voler dipingere la violenza riferendomi ad una canzone, in particolare ad un verso di essa in cui viene espresso “ Sometimes quite is violent”, che tradotto va a significare “A volte il silenzio è violenza”. Ho fatto delle ricerche sul silenzio utilizzato come violenza e ho trovato diverse informazioni su questo tema. Il silenzio può essere utilizzato come mezzo giudicativo o di sentimento di superiorità in confronto alla persona violentata, oppure semplicemente la vittima può essere oppressa in modo tale da non poter completamente esprimersi. Infatti nella mia opera ho voluto interfacciarmi con quest’ultimo modo di utilizzare il silenzio come violenza, ho disegnato una figura senza una forma delineata, ma che possiede solo le mani, che coprono la bocca di questa figura femminile, a cui ho voluto dare uno sguardo sofferente per

 trasmettere il messaggio. “A volte il silenzio è violenza” sono le parole che ho usato affinchè il messaggio diventasse chiaro e immediato.

Laura Soletti

La trappola

Ho voluto raffigurare la violenza sulle donne, ormai di episodi di questo tipo ne conosciamo molti e di ogni genere, ai miei occhi l’uomo appare come un predatore sempre pronto ad attaccare la sua preda, di violenze purtroppo non ce n’è solo una ma sono svariate quelle che può infliggere un uomo ad una donna, da quella fisica a quella psicologica e così via, visto che ritengo che tutte le violenze hanno lo stesso peso non ne ho voluta escludere nessuna nel mio lavoro. Per i colori ho usato l’olio all’acqua e i colori acrilici, mi piaceva il contrasto del bianco e del nero che combaciano perfettamente con l’oscurità del ragno e la purezza della farfalla con uno sfondo naturale non definito per dare risalto ai soggetti. Ho rappresentato un ragno sottosopra sulla sua tela con intrappolata una farfalla, il mio obiettivo era fare in modo che chi guardasse la tela vedesse una semplicissima raffigurazione naturale di insetti, perché come in una coppia al di fuori delle mura di casa sembra tutto normale e naturale, quando invece se si va ad analizzare che cosa si sta guardando vediamo un uomo che è un ragno che si muove tranquillamente e con pieno controllo nella sua tela di violenze che quando tocca la donna farfalla non c’è più modo di scappare e si ritrova bloccata faccia a faccia con il suo peggior incubo.

Valeria Ruotolo

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