Facebook Twitter Youtube Feed RSS

Papa Francesco: “E’ bello essere qui!”. Festival delle famiglie al Croke Park di Dublino

FOTO

di Piergiacomo Oderda

Il festival delle famiglie si svolge al Croke Park di Dublino, là dove nel 1979 San Giovanni Paolo II aveva incontrato gli irlandesi nella precedente visita papale. Si alternano canti e testimonianze che vengono riprese da papa Francesco nel suo discorso in italiano, incalzato dalla traduzione inglese quando si rivolge direttamente al pubblico ponendo delle domande. Per tre volte fa ripetere “sorry, please, thank you” (scusa, permesso, grazie).

Si inizia con musiche tradizionali irlandesi con organetto e violini, l’attenzione cresce quando salgono sul palco “The priests”, tre preti in talare. Compaiono scenografie con disegni di bambini durante il canto “True Friend” mentre una vera e propria ovazione accoglie il tip tap di cinquecento ragazzi delle scuole di irlandesi disposti in modo da abbracciare simbolicamente l’intero stadio. Un applauso scrosciante accoglie Daniel O’ Connel (“Let your love flow”) e Davide Antochi che canta da un punto alto della copertura dello stadio mentre l’acrobata Lee Claydon volteggia sul disegno di un mondo.

Giunto papa Francesco, le testimonianze delle famiglie vengono raccontate con l’aiuto di video toccanti. Un microfono sul palco permette di scoprire che la famiglia canadese si rivolge a papa Francesco in italiano. Tra le famiglie intervenute, c’è chi offre un libro o chi si scatta un “selfie” col papa scatenando l’ovazione dello stadio. Si raggiunge il culmine della serata con il ritmo africano di Shosholza, le torce dei cellulari accese durante “High hopes” dove si esibiscono persone che arrivano dalle periferie di Dublino, Waterford e Cork e l’interpretazione di “Nessun dorma” di Bocelli accompagnato dalle Mornington Singers. Si conclude con un “Amen” finale cantato da tutte le compagini corali dello spettacolo e dallo stadio intero in piedi.

Il discorso del papa è denso, sin dall’esclamazione iniziale, “E’ bello essere qui!”, dopo qualche giro festoso in papa mobile. Con le famiglie, il papa svela il suo carattere colloquiale. Non predica, fa domande, attende risposte. L’incipit è la “Gaudium et spes”, «la Chiesa è la famiglia dei figli di Dio, gioisce con chi è nella gioia, piange con chi è nel dolore». Dai 170 metri di altitudine di Howth in una passeggiata che ci siamo concessi quel mattino, avevamo contemplato un faro, proprio l’immagine utilizzata dal papa per indicare il compito della famiglia, irradiare di luce il mondo. L’amore di Dio si manifesta «attraverso piccoli gesti di bontà nella routine quotidiana». Il ragionamento di papa Francesco si concatena con il recente documento “Gaudete et exsultate”, i “santi della porta accanto” mostrano come la vocazione alla santità non sia per pochi privilegiati; già dimora nelle nostre famiglie come nella santa famiglia di Nazareth. Ripete in modo accorato due volte “tutti”, per dire come «tutti sono chiamati a trovare nella famiglia il compimento dell’amore». Utilizza come di consueto metafore ardite, la pazienza è simile alla preparazione di un thè, «c’è bisogno di tempo per lasciare in infusione». La testimonianza della famiglia del Burkina Faso gli permette di ricordare che “errare è umano, perdonare è divino”. Un applauso coglie il suggerimento di fare una carezza quando non sappiamo come fare la pace, bisogna fare pace prima di concludere la giornata per non incorrere in una pericolosa “guerra fredda”. Consiglia di bussare alla porta e di chiedere “posso entrare?”. Alla testimonianza della famiglia irachena («tragiche situazioni che patiscono le famiglie costrette ad abbandonare le loro case in cerca di sicurezza»), il Pontefice rimarca che «in ogni società le famiglie generano pace, insegnano amore, accoglienza, perdono, il miglior antidoto contro il pregiudizio». E’ importante che i bambini “da piccolini” imparino a fare bene il segno della croce. «Fate voi, è cosa vostra!», la pastorale familiare non si delega! Alla famiglia con dieci figli domanda: «Vi fanno arrabbiare? La vita è così!».

Conclude commentando il brano di Cana (Gv 2), «Avete pensato come sarebbero finite le nozze soltanto con acqua? E’ brutto! Il vino nuovo fermenta nel fidanzamento e matura nell’amore coniugale». La famiglia indiana aiuta a capire come i “social” possano «contribuire a creare una rete di amicizie», si può allargare la trama di amicizie «ad altre famiglie in altre parti del mondo».

Piergiacomo Oderda

Commenti