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Libro. "Tra terre amare" . Undici traversate più due.

20/05/2024 8:43

Marcella «mi definì eroe, e continuava a dire che la mia era una storia incredibile». Federica Altieri, la moglie di Kasem e Marcella Rodino con Maurizio De Matteis curano la redazione di “Tra terre amare. Undici traversate più due” (Tamburi di carta, 2023) in cui l’autore, Kasem Mohamed Ibrahim «ci ha preso per mano e accompagnato per le vie del piccolo paese di Omar Saleh, nel Delta del Nilo», in Egitto. Il libro si apre e si chiude con l’evocazione della cella 246 e l’interrogativo lancinante che ricorre nei primi cinque paragrafi: «Che ci faccio io qui?». Un’altra inclusione è la figura di don Fredo Olivero che gli ha «spalancato le porte dell’Ufficio Pastorale Migranti». Nella postfazione, don Fredo non esita a proporre la sua “vision”: «Tanti Kasem possono rendere Torino una città migliore, più gioiosa, di sicuro profondamente diversa». Sullo sfondo, la questione di fede incarnata profondamente in Kasem «sostiene nei momenti difficili e che non trova spiegazione se usiamo solo la razionalità. Essere sottomessi alla volontà di Dio pur essendo responsabili delle proprie scelte e del proprio destino, è questa l’essenza del messaggio islamico». «Nei paesi di radice musulmana, religione, politica e società si intrecciano, sempre nell’estremo rispetto e riguardo nei confronti delle altre minoranze religiose». Il libro si incentra sui tentativi di arrivare in Italia, nel 2007 Kasem decide di «andarsene da casa per tentare la traversata del Mediterraneo verso l’Italia, dalla Libia». «Avevo cucito nei pantaloni una tasca per nascondere 50 euro». Si conosce l’operato dei trafficanti, i due anni di sotterfugi trascorsi in Libia, «mettendo faticosamente da parte i soldi per la traversata». Intanto prosegue gli studi per il diploma e per l’Università distante duecento chilometri (Scienze sociali). Non tutte le undici traversate sono riuscite, riesce a «mettere piede sul suolo italiano solo quattro volte». Arriva a Torino per “effetto calamita”, c’erano persone che conosceva e che potevano sostenerlo nei primi giorni. Resta alcuni mesi prima di essere espulso come clandestino.

«Mi torna in mente la paura del mare, saliva in tutte le sere quando si faceva buio e l’acqua diventava una distesa silenziosa, mi ricordo l’effetto del sale sulla pelle e sugli occhi, mi ricordo il mal di mare, mi ricordo il caldo e il freddo». «Il mare ha fatto molto male a Mohamed», il fratello, «lo ha indurito e profondamente impaurito. La paura di quelle notti si è trasformata nel tempo in una paura della vita stessa». Per affrontare con ostinazione undici volte il mare devi essere idealista, sognatore, coraggioso, inconsapevole, determinato, testardo, tenace. Le prime quindici parole che impara in italiano sono “tira; molla, spondina; uno e ottanta; tre e sessanta…”, «quelle che servivano per lavorare sui ponteggi». Racconta il rito della spesa e della cucina, «speziavamo molto il cibo, per tornare almeno per un giorno con la memoria ai sapori e ai profumi delle nostre case egiziane». Seguono gli incontri con l’associazione Asai, le passeggiate al Valentino, l’incidente, “quattordici metri di vuoto”, e la storia d’amore con Federica. Le esperienze di lavoro in una comunità fanno emergere il suo carisma. «Quanto dolore ho contenuto, quanto male di vivere che questi ragazzi adolescenti feriti dall’esistenza si portano dentro, ho cercato di lenire». Fluvio Bonelli nella postfazione lo paragona a un libro vivente, «davanti a dei giovani studenti ha accettato con entusiasmo e coraggio di “aprirsi” e lasciarsi sfogliare, leggere».

Uno stimolo per la riflessione è il modo integrato di rapportarsi all’educazione dei figli, Amedeo e Gabriel tra lui e Federica. «Integrare le modalità è molto difficile e a volte vorremmo essere più simili, più complici, e invece questo nelle coppie miste non è possibile. Ma resto convinto del fatto che col tempo tutte le differenze possono trovare il modo di convivere in pace nelle menti dei bambini».

 

Piergiacomo Oderda

 

 

 

 

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