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Le battaglie di Cavour e Staffarda. Rievocazioni storiche

21/09/2023 19:11

Le battaglie di Cavour e Staffarda

 

 (2 maggio 1595 - 18 agosto 1690)

 

Rievocazioni storiche

 di Dario Poggio

 

Cavour e Staffarda, due storiche battaglie che influenzarono la storia dei nostri luoghi, sono state recentemente commemorate e rievocate con la partecipazione di numerosi gruppi storici in costume e con spettacolari scenografie. Quella cavourese (a cura dell'Associazione Amici di Cavour e della Rocca) si è tenuta nel pomeriggio di domenica 3 settembre sulla cima della Rocca mentre quella di Staffarda (curata dal Gruppo Storico di Revello e dalla Fondazione Ordine Mauriziano), è stata una vera kermesse storica di tre giorni, da venerdì 1 a domenica 3 settembre. Due commemorazioni che hanno onorato il sacrificio estremo di tanti uomini che lì morirono per l'onore e per la libertà del Piemonte.

La battaglia di Cavour, l'ho già ampiamente trattata nel numero di agosto di " vocepinerolese.it " ma voglio ancora ricordare che è stata una delle pagine più gloriose della storia cavourese con la riconquista del paese e la ripresa ai francesi del Castello della Rocca da parte del Duca di Savoia Carlo Emanuele I°.

 

“La battaglia di Staffarda “, fu invece un grande, epico e sanguinoso scontro avvenuto il 18 agosto del 1690, tra le truppe del Re di Francia Luigi XIV e quelle del Duca di Savoia Vittorio Amedeo II nella pianura tra Pinerolo, Cavour e Saluzzo.

Un fatto d’armi che rivestì un notevole significato storico e politico nel contesto europeo dell’epoca. 

Come ben sappiamo, il 1690 fu un anno denso di terribili accadimenti (guerra, stragi, distruzioni saccheggi) che sconvolsero le nostre contrade.

All’origine di questi tristi eventi, vi fu la politica dispotica, aggressiva e le mire espansionistiche del Re Sole, Luigi XIV, il quale tra le prime azioni previste dal suo progetto di dominio sull’Europa intendeva invadere il Piemonte e la Savoia per poi estendere le sue conquiste al Ducato di Milano e quindi sottomettere, di seguito e di fatto, l’intera penisola.

Per cercare di bloccare l’espansionismo Francese, nel 1686 si unirono nella “Lega di Augusta” la Spagna, l’Olanda, la Svezia, il Papa Innocenzo XI, l’Inghilterra e nell’anno successivo anche il Ducato di Savoia.    

Toccò proprio ai piemontesi l’ingrato compito di sbarrare la strada, per primi, all’esercito francese guidato da Nicolas de Catinat (valentissimo generale ed ex governatore di Pinerolo), il quale entrato in Italia, aveva il compito (affidatogli dal primo ministro della guerra francese il marchese Francois Le Tellier di Louvois) di far terra bruciata del Piemonte “Brulez, brulez, brulez bien leur pays”.

Tra i primi a pagar le spese della strategia francese furono i difensori ed i cittadini di Cavour, luogo dove le milizie francesi si scatenarono in grandi massacri dopo aver messo a ferro e fuoco l’intero paese e preso il Castello sulla Rocca (considerato da sempre un importante baluardo savoiardo).

Dopo questi avvenimenti, il Catinat ritornò al suo campo-base non lontano da Cavour nella cascina detta degli “Ochetti” posta in una favorevole posizione tra Pinerolo e Saluzzo.

Le campagne attorno a Cavour vennero poi, senza freni, devastate dalla soldataglia francese scatenata; furono sistematicamente bruciati tutti i cascinali, rapinate le dimore e profanate le Chiese, ovunque regnò violenza, morte e desolazione.

Dopo alcune manovre diversive, il 17 agosto il generale Catinat lasciò il campo di Cavour e si diresse verso Saluzzo con 20 battaglioni, 20 squadroni di cavalleria, 21 squadroni di dragoni a cavallo e 16 pezzi d’artiglieria.

La manovra francese, molto avveduta, prevedeva di fiancheggiare le colline di Barge, Envie e Revello per avere sempre il fianco destro coperto in caso di un improvviso attacco piemontese.

Arrivati nei dintorni di Saluzzo i francesi misero campo.

Mentre avvenivano questi fatti, il duca Vittorio Amedeo, informato di questi spostamenti si mosse per intercettare l’ala sinistra francese e dare battaglia in campo aperto cercando di sorprendere il nemico nei pressi di Staffarda.

Il duca di Savoia con suo cugino, il principe Eugenio, si mise risolutamente alla testa della cavalleria avanzando sulla riva destra del Po ed ordinando al conte di Louvigny, comandante delle truppe alleate spagnole, di muoversi con la fanteria fino a Cardè per prendere in una tenaglia il nemico.

Ma, arrivati nei pressi dell’Abbazia di Staffarda il duca Vittorio Amedeo e il principe Eugenio non trovarono ombra del nemico né tantomeno degli alleati spagnoli (che si attardarono volutamente per evitare di partecipare ad un eventuale scontro arrivando solo la mattina del giorno successivo!) Nella notte tra il 17 e 18 agosto il generale Catinat, prevedendo le mosse dei piemontesi, schierò le sue truppe in posizione favorevole per essere pronto, all’alba del 18, a dare immediata battaglia.

I piemontesi e gli spagnoli invece, per il ritardato arrivo di quest’ultimi, all’alba del 18 dovevano ancora prendere una chiara e sicura posizione.

Il duca Vittorio Amedeo, compresa la delicata situazione, schierò in tutta fretta alcuni suoi battaglioni in posizione difensiva tra il torrente Ghiandone e il Po attestandosi in due vicini cascinali per dare tempo al resto dell’esercito di ben posizionarsi.

Il Catinat diede allora l’ordine di attacco immediato ordinando al suo generale S. Sylvestre ed ai suoi squadroni di prendere i due cascinali.

La battaglia di Staffarda era iniziata…

Per oltre un ora i francesi si accanirono in duri attacchi per conquistare le due cascine ma furono sempre respinti. Nel frattempo, l’esercito piemontese e gli alleati spagnoli si erano schierati con l’ala sinistra appoggiata al fiume Po, al centro la cavalleria e con l’ala destra, riparata da una zona acquitrinosa.

Alle 11,30 arrivò nei pressi di Staffarda il grosso dell’esercito francese disposto su due linee di battaglia con la fanteria in posizione centrale e la cavalleria ai due lati.

Per altre due ore si battagliò duramente con un susseguirsi di attacchi e contrattacchi furiosi ma i Granatieri del Reggimento Guardie ed i Dragoni del Piemonte comandati rispettivamente dal conte di Verrua e dal marchese di Pianezza non cedettero di un metro.

Purtroppo, nel primo pomeriggio, entrò in azione l’artiglieria pesante francese che colpì duramente le linee ducali portandovi grande scompiglio.

I piemontesi reagirono con una disperata carica all’arma bianca dei reggimenti di cavalleria (bavari e piemontesi) guidata dal principe Eugenio e dal marchese di Verrua ma, dopo un iniziale successo, furono respinti e dovettero ripiegare.

A questo punto la battaglia era compromessa ed i francesi dilagarono ovunque, il duca Vittorio Amedeo allora, persa ogni speranza di ribaltare le sorti dello scontro, dette l’ordine generale di ritirata verso Carmagnola.

Il Catinat, pago per il momento della vittoria, rinunciò ad inseguire gli avversari ed i francesi si dettero al saccheggio dell’Abbazia di Staffarda, quartier Generale del duca di Savoia.

I danni al bellissimo complesso Abbaziale furono ingentissimi (ancor oggi in parte visibili), vennero infatti distrutti i porticati orientali e meridionali del chiostro, il sepolcreto dei marchesi di Saluzzo, danneggiati i muri di cinta del comprensorio, bruciati i preziosi libri e documenti custoditi nella biblioteca, bruciate le reliquie, profanata e rubata l’antica Pisside con il Santissimo e rubate le campane bronzee del campanile.

L’esperienza, l’astuzia e le indubbie capacità strategico - militari di Catinat prevalsero quindi sull’ardore, il coraggio e la giovinezza del duca di Savoia il quale si sentì, comunque tradito, dal comportamento titubante degli alleati spagnoli mentre si batterono con grande coraggio ed abnegazione, a fianco dei soldati piemontesi e savoiardi, i miliziani Valdesi (fino a poco tempo prima perseguitati), gli alleati Ungheresi e Austriaci.

Le perdite della battaglia furono pesantissime, costando agli alleati circa 4000 morti 1500 feriti e 1200 prigionieri mentre tra le fila francesi si ebbero circa 1000 morti e 500 feriti.

I resti dei caduti, rinvenuti negli anni successivi nelle campagne intorno all’ Abbazia, furono in parte deposti nell’Ossario sorto sulla Rocca di Cavour insieme ai caduti civili e militari massacrati dalle truppe di Catinat nell’Assedio di Cavour.  

Staffarda, fu dunque una dura sconfitta per il giovane stato sabaudo, battaglia che ebbe però, come contraltare, il merito di portare all’attenzione di tutta l’Europa l’indubbio coraggio ed il valore del piccolo Esercito piemontese e dei suoi comandanti il duca Vittorio Amedeo II° ed il principe Eugenio di Savoia.                

 

                                                                                                                      Dario Poggio              

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