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Stupro di gruppo a una ragazza a Palermo, Garante. “Non condividere video”. I rischi !

24/08/2023 17:21

Stupro di gruppo a una ragazza a Palermo, Garante: “Non condividere video”. I rischi !

Lo stupro di gruppo avvenuto a Palermo lo scorso 7 luglio a danno di una ragazza di 19 anni poi abbandonata nel cantiere edile dove è avvenuta la violenza ha sollevato un’ondata di indignazione pubblica con commenti che hanno invaso i social. Non vogliamo minimamente entrare nel merito, le indagini sono in corso e i ragazzi ritenuti colpevoli sono stati arrestati, in attesa che la Giustizia faccia il suo corso.

Ciò su cui vogliamo porre l’attenzione è il monito lanciato dal Garante della Privacy circa le responsabilità, anche di tipo penale, dei soggetti che diffondono in rete il materiale multimediale realizzato durante un atto violento come questo. Il Garante della Privacy ha lanciato un avviso spiegando che la vittima dello stupro va tutelata, serve il massimo riserbo. Oltre alla violenza dell’atto subito, un enorme danno deriva proprio dalla divulgazione virale che l’informazione, ed i video in questo caso, ottengono. Una sorta di morbosità che porta un soggetto che riceve la notizia, anche se non coinvolto direttamente nella violenza, a inoltrare l’informazione ed il suo contenuto video. Questo atto, spesso inconsapevole e poco ragionato, ha risvolti penali e costituisce una violazione delle privacy.

E chi divulga informazioni di qualsiasi tipo che possano far risalire alla identità di un soggetto che ha subito la violenza, come nel caso di Palermo, o condivide video, va incontro alle sanzioni stabilite dal Codice penale: l'art. 734 bis prevede dai tre ai sei mesi di carcere. L'Autorità Garante, ieri 23 agosto, ha anche dovuto emettere due provvedimenti d'urgenza nei confronti del gestore di Telegram, e in generale agli utenti del sistema di messaggistica, affinché venga garantita la necessaria riservatezza alla ragazza e si interrompa la divulgazione dei video. Il paradosso di questa situazione è che anche i carnefici della violenza diventano vittime, tanto che agli investigatori è stato chiesto di identificare gli autori dei commenti nelle piattaforme online ma anche e soprattutto chi ha realizzato i profili fake dei giovani e chi ha postato su Facebook, Instagram e Tik Tok le foto degli indagati dandole in pasto a milioni di persone. La polizia postale dovrà passare al setaccio tutti i social dove sono presenti migliaia di post e di commenti.

Cosa rischia effettivamente chi divulga il video, anche per il solo gusto di fare notizia pensando di non essere coinvolto nella violenza ? L'articolo 734 bis del Codice penale prevede che “chiunque, nei casi di delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l'immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l'arresto da tre a sei mesi”. La violazione della privacy di una persona vittima di violenza sessuale prevede anche pesanti sanzioni pecuniarie: diffondere il video rappresenta una violazione anche del Regolamento generale sulla Tutela della Riservatezza (GDPR). Non esistono cifre fisse per la sanzione, che dipende da vari fattori, tra cui la gravità del fatto, ma si può andare da un minimo di 5mila ad un massimo di 50mila euro.

I social sono pieni di post con la frase : “L’unica cosa da fare si è con una ragazza ubriaca è riportarla a casa, insegnatelo ai vostri figli”, in realtà non è l’unica cosa fare, sarebbe molto importante insegnare, anche, la riservatezza. La divulgazione virale di un evento in rete determina che questo rimarrà per sempre sui social, aumentando il danno – in questo caso morale – che la vittima ha subito. Insegniamo anche ai ragazzi che chi divulga il materiale diventa complice della violenza, e potrà essere chiamato a rispondere della sua azione!

 GMC

 

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