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Cenni storici del pinerolese. Il misterioso " Oro della Rocca"

26/05/2023 17:14

Cenni storici e leggende Cavouresi

Il misterioso " Oro della Rocca"

Il tesoro di Adaloaldo Re Longobardo

 

Strettamente legato alla Rocca di Cavour ed alle sue leggende, mi preme ricordare un episodio “oscuro”, degno di un romanzo “noir”, che il trascorrere del tempo ha ormai cancellato dalla memoria dei più; quando accadde produsse (seppur avvolto da una fitta coltre di omertà e di silenzi…) moltissima paura ed infiniti pettegolezzi tra i cavouresi.

Si tratta di uno degli ultimi tentativi di ricerca del mitico tesoro di Cavour o meglio di Adaloaldo Re Longobardo, figlio di Aginulfo e di Teodolinda, che regnò, anche su Cavour, dal 615 al 626 d.C.

 Adaloaldo nacque a Monza nel 602, fu battezzato per volere della madre con rito cattolico ed appena quindicenne salì al trono longobardo. Ebbe una vita piuttosto travagliata anche a causa della sua politica e di quella di sua madre Teodolinda a favore del cattolicesimo contro le correnti pagane, arianee germaniche che dominavano tra i longobardi.

In uno dei suoi viaggi di controllo del territorio e per sedare alcune rivolte dei capi e delle popolazioni locali passò nei pressi di "Cavor" che era diventata dopo il fulgore del periodo romano un piccolo centro rurale in cui molti longobardi si erano almeno in parte fusi con la popolazione locale.       

Adaloaldo rimase colpito dalla Rocca, da questa isola nella campagna considerandola un luogo sacrale ideale per custodire in gran segreto una parte considerevole del suo personale tesoro.

Un tesoro che i vecchi cavouresi raccontavano esistere sicuramente. Si favoleggiava che consistesse in un gigantesco bue tutto ricoperto di placche d’oro, molte suppellettili e monete d'oro e d'argento.  Il tutto, in gran segreto, seppellito in un anfratto sulle pendici della Rocca di Cavour. Adulalo nel 626 perdette il trono con la vittoria del suo avversario Arialdo e si suppone che morì avvelenato senza mai rivelare il nascondiglio del tesoro.

Questa la storica leggenda.

Qualcuno raccontava che un tesoro effettivamente esisteva, si trattava di una grande quantità d’oro, per lo più oggetti sacri, di provenienza sicuramente meno mitologica e ben più recente, frutto delle scorrerie di un famoso ladro e brigante che imperversò agli inizi del XVI ° secolo e che antiche dicerie indicavano come luogo di nascondimento proprio “Cavor" e la sua Rocca.

Questa credenza ha trovato anche l’avvallo di alcuni studiosi dell’ottocento e dei primi del novecento i quali sostenevano la presenza certa di “consistenti tracce d’oro” sulla Rocca (presenza che avrebbe avvalorato l’esistenza di filoni o quantomeno di un certo quantitativo d’oro presente nel sottosuolo).

Ma ritornando al nostro racconto, in una piovosa sera d’autunno, tra il 1920 ed il 1930, uno sparuto gruppo di cavouresi si ritrovò, in gran segreto, sulle pendici della Rocca di Cavour (vicino alla famosa “Tinà d’Pera”).

Al gruppo dei cavouresi si era aggregato un noto “Aruspice e Medium “pinerolese per cercare di individuare, attraverso una seduta spiritico / rabdomantica, il nascondiglio del misterioso tesoro.

Quando il buio fu totale, il medium, iniziò il suo rito e, dopo pochi minuti, cadde in una profonda trance.

Dalla sua bocca, con grande sforzo, uscirono alcune strane parole ed alcuni numeri.

Fu a quel punto che un fulmine illuminò con luce spettrale la scena ed i presenti sentirono una voce sussurrare ai loro orecchi qualcosa di sinistro ed incomprensibile immediatamente seguito da un urlo spaventoso, forte e terribile, subito ricoperto da un agghiacciante tuono.

Tutti, medium compreso, mezzi morti di paura se la dettero precipitosamente a gambe, mai più tentando una simile impresa.           

Di questi oscuri accadimenti esisteva ancora pochi anni fa un testimone che ci raccontò la vicenda (messo a conoscenza dei fatti da uno dei partecipanti alla seduta). Si trattava di un anziano signore (P.M. di Cavour) ultranovantenne all’epoca ed ancora lucidissimo di mente ed in buona salute.

L’ultimo (che si conosca) tentativo di squarciare il velo di mistero che ricopre il tesoro di Adaloaldo si consumò invece nella villa privata di un benestante cavourese (il cav. E. C.) nei primi anni del 1950.

Il cav.C. e la sua famiglia abitavano in una bella villa di fine ottocento primi del novecento a Cavour, ancor oggi esistente. In particolare il cav.C. coltivava molti interessi e passioni tra cui la psicometria, facoltà che rende alcune persone capaci di percepire da un oggetto tenuto in mano accadimenti dei tempi passati.  

Purtroppo il cav.C. era certamente appassionato di quella che possiamo definire "la chiaroveggenza dei tempi più lontani" ma non era riuscito se non in minima parte nei suoi numerosi tentativi.

Aveva trovato sulle pendici della Rocca una particolare pietra quarzifera che emanava strani bagliori (posta sotto la luce simmetrica di quattro candele) e che, secondo lui, poteva rivelare avvenimenti antichissimi avvenuti sulla Rocca ed era convinto che gli avrebbe potuto svelare il mistero dell'oro della Rocca e il suo possibile nascondiglio. Tuttavia i suoi studi e poteri in tema di psicometria non erano ancora così raffinati da riuscire a tradurre dalle sue sensazioni / visioni il segreto anche se qualche cosa aveva capito / intuito come, ad esempio, l'esistenza di un vuoto, di un ambiente sotterraneo, di una possibile camera nascosta nel sottosuolo della Rocca.

Occorreva dunque cercare l'appoggio di qualche medium più dotato di lui con cui condividere ed ampliare i suoi sensi corporei "extrasensoriali" fino ad arrivare all' identificazione del punto preciso nel sottosuolo della Rocca o nei pressi della stessa ove si celava il vuoto o la camera da lui percepita.

Passarono parecchi mesi ma alla fine il cav.C. individuò un personaggio, residente in un paese nelle vicinanze di Torino (Venaria reale), che sosteneva di possedere poteri incredibili in tema di psicometria e rabdomantica tanto da essere stato chiamato dalle autorità locali per risolvere molti casi oscuri del passato e ritrovamenti insperati in manieri e regge sabaude.

Il medium, molto incuriosito dal racconto, si accordò con il cav.C. per una equa /segreta spartizione dell'eventuale tesoro ritrovato e concordò la data dell'esperimento da farsi nella villa del benestante cavourese.

L’esito dell'esperimento, manco a dirlo, fu assolutamente negativo e pauroso ed il “medium” sempre in “trance” dopo aver lungamente manipolato la pietra quarzifera tenendo per mano il cav.C. (per sfruttare anche i suoi seppur ancor modesti poteri psicometrici) ripeté per molte volte le parole “Salabial”, “Liprand” o “Luprand”, “Pera” ed il numero “settantasette” e cadde a terra svenuto trascinando seco anche il povero cav.C.

Al suo risveglio, terrorizzato, disse che mai più si sarebbe osato ripetere tale esperimento per le cose terribili che era riuscito ad intuire e visualizzare durante lo stato di trance e non poteva farne nel modo più assoluto partecipe il cav.C.

Lo stesso cav.C. rimase comunque sconvolto dalla seduta e seppur con qualche sospetto sul medium (pensava che lo stesso avesse capito il luogo segreto della camera tenendolo per se) rinunciò per sempre (almeno che si sappia) ad ulteriori esperimenti e ricerche.

E così, il buio calò sull'Oro di Cavour, anche se (specialmente negli anni 60 e 70) non era raro vedere persone aggirarsi sulle pendici della Rocca munite di” metal detector” cercando di riuscire, con mezzi moderni, in quell' impresa che le scienze “occulte” avevano in passato fallito.

  Nella foto guerrieri Longobardi

                                                                                                          Dario Poggio

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