Il web ci ha cambiato soltanto lo stile di vita o ci sta mutando anche antropologicamente?
Il web ci ha cambiato soltanto lo stile di vita o ci sta mutando anche antropologicamente?
Se “nel mezzo del cammin di mia vita”, essendo nato analogico, qualcuno mi avesse profetizzato che un giorno saremmo stati tutti costantemente incollati a un dispositivo grande quanto una tavoletta di cioccolato, avrei ritenuto costui una via di mezzo tra un burlone.
Invece la realtà ha superato la fantasia e oggigiorno la ipotetica profezia del burlone si è avverata.
Dai casi di grave rilevanza patologica delle ragazzine e dei ragazzini affetti dalla sindrome di Hikikomori ( circa centomila soltanto in Italia) che escono dalla loro stanza solamente per prendere il pranzo o la cena, trascorrendo tutto il giorno e parte delle ore antelucane intenti a smanettare sul web, sino a giungere a coloro che, pur avendo un rapporto più equilibrato, non riescono ormai a stare per lungo tempo senza avere gli occhi fissi sul display, nessuno di noi può, realmente, asserire di non avere sviluppato nel tempo una certa dipendenza dallo smartphone, dall’ iPhone o dal PC.
Fra SPID, internet banking e necessità varie legate al lavoro si è ormai costretti ad avere sempre con sé il telefonino, diventato una nostra protesi.
E così accade anche che in qualsiasi momento libero o di semplice noia la possibilità di una sbirciatina alle news, a WhatsApp, ai contenuti di qualche social o di qualche sito e -commerce esercita su ognuno di noi una compulsione così intensa alla quale solamente un asceta saprebbe, forse, opporre resistenza.
Sarebbe, tuttavia, ingiusto demonizzare i vantaggi del web, poiché offre innegabili servizi, taluni anche molto utili: pensiamo alla possibilità di contattare l' automeccanico più vicino in caso di guasto imprevisto alla vettura o alla facilità con cui ora è possibile avvisare rapidamente un familiare, un amico o il ristorante prenotato circa un ritardo imprevisto.
Parimenti è un notevole privilegio trovarsi di fronte a un momento, a un edificio di importanza storico culturale o a una qualsiasi bellezza naturale e potere attingere tramite il web, proprio sul momento, maggiori conoscenze circa ciò che stiamo ammirando.
Maggiori perplessità sorgono, invece, quando sui vagoni di un treno quasi tutti i passeggeri sono chini sul loro “ giocattolo “, quasi immersi in una bolla di vetro che li isola dalla realtà circostante, laddove un tempo si sarebbe colta l’occasione del viaggio per godersi il paesaggio dal finestrino o per riflettere su un qualche argomento o anche semplicemente per scambiare quattro amene chiacchiere con il vicino. Anche le occasioni per natura più conviviali, come un pranzo al ristorante, lasciano sempre più spazio all’immersione nella bolla di vetro che non al convivio.
Ne deriva una conseguenza ancora poco considerata dai più.
A parte la riduzione dei rapporti interpersonali, che già di per se stessa è biasimevole, essendo l’essere umano un animale sociale, accade che la connessione pressoché continua col mondo intero, anche se in modalità virtuale, genera quella che Baumann definì, con espressione arguta, una sorta di “ cecità secondaria “. Si leggono e vedono tante e troppe notizie e immagini sul web, spesso in inspiegabile contraddizione fra loro, che alla fine è come non si riuscisse a leggerne o vederne nessuna: da qui il concetto di “ cecità secondaria”.
Inevitabile che la nostra capacità di filtraggio di così tanti input vada in tilt, con il risultato che diventiamo sempre più disorientati, incapaci di trovare punti di riferimento certi e rassicuranti, pervasi sempre più da sole incertezze. Nessuna persona intelligente dovrebbe vivere di sole certezze, tuttavia qualcuna per orientarsi nel mondo occorre pure possederla. Altrimenti si rischia la fine dell' asino di Buridano, il quale affamato, non avendo alcuna certezza su come comportarsi, rimase indeciso se mangiare la biada dal cesto destro o da quello sinistro sino a che morì di fame.
Anche le neuroscienze prevedono, sebbene il condizionale sia doveroso, che l’intelligenza delle generazioni digitali sarà differente da quella delle generazioni nate analogici. Saranno dotati di una cosiddetta intelligenza digitale che permetterà loro di sviluppare al massimo livello le conoscenze sulle procedure per sfruttare le potenzialità di un cellulare, ma perderanno in capacità di ragionamento logico e di introspezione.
Stiamo attraversando il più grande cambiamento epocale nella storia dell’umanità, accingendoci a vivere in una società post industriale sorta ex novo e che non si è plasmata sul modello di una società preesistente, come è sempre avvenuto nel passato, quando ogni nuovo schema di società si delineava sulla base di quello precedente.
Alla luce dì tutto ciò è ancora troppo sottostimato il mutamento antropologico cui l’uomo sta, senza quasi averne quasi alcuna consapevolezza, andando incontro.
Un’ultima annotazione: ho sempre scritto “web” e non ” internet “, poiché quanto spesso si sente nominare con il termine “internet” in realtà corrisponde al “ web”, l’insieme dei dati che scorre su quella complessa infrastruttura fisica costituita di cavi sottomarini, fibre et cetera che è “internet”.
Ivan Albano