Il primo maggio deve rappresentare una sola festa: quella di chi lavora. Nulla più.
Il I° maggio sia veramente la festa dei lavoratori e nulla più
Il I° maggio, è la data che in molti paesi, compreso il nostro, coincide con la Festa del lavoro.
È pleonastico sottolineare come il lavoro, qualsiasi tipo di lavoro, dal più umile al più qualificato, purché onesto, sia indispensabile per il funzionamento di una società quale la nostra.
Ogni lavoratore, in rapporto alle proprie attitudini, contribuisce, per il tramite del suo impegno, al benessere collettivo: ne consegue che anche il lavoro meno qualificante a livello di status sociale dovrebbe possedere uguale rispetto nei confronti di altre professioni più prestigiose e godere di un riconoscimento e apprezzamento sociale sincero, e non di facciata, da parte della collettività intiera.
Nessun cittadino potrebbe godere di una buona vita, o addirittura mettere insieme pane e companatico, senza il contributo di coloro che svolgono quelle mansioni meno qualificate, meno ambite e troppo spesso disprezzate.
Così come In un organismo vivente ogni cellula, da quella più completa del sistema nervoso a quella più semplice dell’apparato tegumentario, è essenziale per il mantenimento dell’omeostasi necessaria al funzionamento dello stesso, alla stessa stregua ogni lavoratore / cellula è funzionale nei confronti di una società come la nostra, che si è organizzata, non a caso, proprio intorno al nucleo del lavoro.
Il nostro auspicio è che il I maggio ritorni a rappresentare unicamente i lavoratori: è a costoro che tale data fu dedicata, sul finire dell’ Ottocento, dopo che una manifestazione di operai statunitensi fu violentemente repressa alcuni anni prima.
Per altro, oggi assistiamo a uno scenario nel quale parte del mondo del lavoro è in ambasce e chiede a gran voce il riappropriarsi di quei diritti un tempo conquistati con sacrifici enormi dalle generazioni passate e che ultimamente stanno attraversando un periodo di obnubilamento che pare non avere soluzioni semplici, se non addirittura fine.
Riteniamo, dunque, quanto mai essenziale per il futuro del nostro assetto sociale che la questione del lavoratori ritorni sotto i riflettori del palcoscenico e non venga annacquata con le rivendicazioni di altri gruppi sociali, i cui legittimi interessi è doveroso non disattendere, ma non in altra sede.
La giornata di oggi deve rappresentare una sola festa: quella di chi lavora: nulla più.
Aggiungiamo che una profonda analisi e riflessione su questo variegato e problematico mondo dei lavoro contemporaneo, improntato alla massima onestà intellettuale scevra di preconcetti troppo capziosi e ideologici, debba accompagnare questa festa che non solamente tutta l’ Italia, ma anche moltissimi altri paesi stranieri si accingono a onorare.
Ivan Albano