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"OltrelaltrO" spettacolo teatrale con studenti Liceo Artistico Buniva, Porporato e Alberti Porro

16/03/2022 16:37

"OltrelaltrO" spettacolo teatrale con studenti Liceo Artistico Buniva, Porporato e Alberti Porro di Pinerolo

Un’incursione nel teatro del linguaggio fisico

«Ecco l'angoscia umana in cui lo spettatore dovrà trovarsi uscendo dal nostro teatro. Egli sarà scosso e sconvolto dal dinamismo interno dello spettacolo che si svolgerà sotto i suoi occhi. […] L'illusione che cerchiamo di suscitare non si fonderà sulla maggiore o minore verosimiglianza dell'azione, ma sulla forza comunicativa e la realtà di questa azione. […] Bisogna che lo spettatore abbia la sensazione che davanti a lui si rappresenta una scena della sua stessa esistenza, una scena veramente capitale. Chiediamo insomma al nostro pubblico un'adesione intima e profonda. La discrezione non fa per noi. Ad ogni allestimento di spettacolo è per noi in gioco una partita grave. Se non saremo decisi a portare fino alle ultime conseguenze i nostri princìpi, penseremo che non varrà la pena di giocare la partita. Lo spettatore che viene da noi saprà di venire a sottoporsi ad una vera e propria operazione, dove non solo è in gioco il suo spirito, ma i suoi sensi e la sua carne. Se non fossimo persuasi di colpirlo il più gravemente possibile, ci riterremmo impari al nostro compito più assoluto».

Questa profonda e impegnativa riflessione di Antonin Artaud, estrapolata dai suoi scritti sul teatro risalenti al 1938, descrive in maniera quasi perfetta il significato e il valore della rappresentazione teatrale OltrelaltrO, allestita dalla compagnia dei Centri-fugati con il supporto dell’associazione Baracca & Burattini, che ne ha curato la regia, la scenografia, i costumi, gli aspetti tecnici.

Non dobbiamo infatti dimenticare che il termine “teatro” non possiede soltanto il significato originario attribuibile al termine greco da cui deriva (ϑέατρον, cioè “il posto per guardare”), ma contiene in sé anche e soprattutto l’attenzione per il pubblico, il quale osserva il luogo dove viene eseguita la “celebrazione” teatrale, che in antico possedeva anche un carattere religioso.

In questo senso è possibile valutare e quindi apprezzare il valore dello spettacolo OltrelaltrO, al quale si deve aderire nell’intimo, mettendo in gioco, come precisa Artaud, «i propri sensi e la propria carne», al punto tale da annullare del tutto la separazione tra attori e spettatori, tra palcoscenico e platea, tra l’azione scenica (attiva) messa in atto dagli interpreti e lo sguardo/ascolto (passivo) del pubblico.

Infatti in questa rappresentazione nulla accade dietro le quinte e tutto viene esposto senza filtri, al punto tale che le scene fanno parte di un incontro/scontro benefico, al quale non è possibile sottrarsi.

Pertanto gli spettatori, accompagnati dalla esuberanza fisica degli attori, dai loro dialoghi/monologhi, dovranno, con la mente e la partecipazione emotiva, costruire e di conseguenza abbattere barriere (non soltanto fisiche, ma anche mentali); erigere e scavalcare muri; farsi intrappolare in una rete, per poi tagliarla, senza indulgenza; mettere e togliere maschere (replicando quindi quello che già fanno nel quotidiano…); superare ostacoli e paure; trovare rifugi inaspettati; imbastire conversazioni per andare oltre l’incomunicabilità; liberarsi, seguendo la catarsi di una finale e risolutiva danza priva di controllo.

Gli attori sono attori e non accettano compromessi: devono colpire al cuore, per liberare e quindi ricostruire.

Per i Centri-fugati non è così importante mettere in evidenza il tema della disabilità. Semmai, la materia fondante della loro azione (teatrale ed esistenziale, in pari misura) è la decostruzione, intesa come allontanamento dai consueti schemi compositivi e come destrutturazione della realtà, unita a una immediata riedificazione della stessa senza le incrostazioni dell’ordine costituito.

E per dare addio agli stereotipi, ai luoghi comuni, alle discriminazioni infestanti, alle generalizzazioni, la parola e il gesto hanno bisogno di un supporto.

Per giocare la partita, vincerla e raggiungere il compito prefissato, vengono pertanto utilizzati gli strumenti a disposizione nell’economia della performance teatrale: pittura e musica.

E allora sulla scena incontriamo il surrealismo di Dora Maar, lo spazialismo di Lucio Fontana, la street art di Keith Haring, i mondi impossibili di Maurits Escher, il neoplasticismo di Piet Mondrian, l’action painting di Jackson Pollock, accompagnati dalla musica neoclassica di Jean-Philippe Goude, dalle mescidanze elettroniche dei Massive Attack, dalle sperimentazioni di Teho Teardo, dal minimalismo di Ryuichi Sakamoto. Insomma, una commistione di generi necessaria per attrarre lo spettatore e distruggere l’esistente.

D’altro canto, lo stesso Artaud sosteneva, a ragione, la necessità di «porre fine alla soggiogazione del teatro al testo e ristabilire la nozione di un tipo di linguaggio a metà strada tra gesto e pensiero».

Per concludere, l’operazione messa in atto dai Centri-fugati, diretti con abile discrezione da Roberto Ferraris, si allontana con nettezza dall’azione terapeutica del “teatro della disabilità”, per inoltrarsi con coraggio lungo il sentiero non agevole del “teatro del linguaggio fisico”.

 

Silvio Campus                                                                                                               

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