"Le paure della notte, lo Jus della mano morta, lo Jus primae noctis..." Cavour medioevale
"Le paure della notte, lo Jus della mano morta, lo Jus primae noctis..."
Uno sguardo nella Cavour medioevale
Prima parte
di Dario Poggio
Le tradizioni e le novelle popolari medioevali raccontano che anticamente gli spiriti buoni del giorno (Angeli, Elfi, Fate, Ninfe, Fauni ecc..) scacciarono gli spiriti maligni dalla luce del giorno nella più profonda oscurità della notte. Streghe, masche orchi, ecc.…legati al diavolo da patti infami operavano quindi nel buio riti soprannaturali e satanici abbandonandosi nei loro Sabba ad orge propiziatrici di ogni disgrazia per i poveri umani.
Nel medioevo, in tutti i paesi e comunità, profonde paure si impossessavano degli uomini al calar delle tenebre quando il regno del male prendeva sistematicamente il soppravvento. La notte era descritta e vissuta come nera, orrida, piena di insidie, un tempo malvagio per sua stessa natura.
L'oscurità favoriva gli spettri e le streghe con i loro malefici. Nelle tenebre si potevano incontrare anche feroci lupi, iene, famelici licantropi e vampiri assetati di sangue.
Ma, molto più realisticamente, si aggiravano furtivi nella notte solo banditi, sicari e ladri di ogni sorta (famosi in zona il "Guercio di Gran Dubbione”, Antonio Torresano detto " Lo speziale", Luigi Bollero detto "L'Eletto", Bergoldo Trun detto " l'Arpiun", Arnoldo Saret di Oncino detto" Il Ciapa" ecc.…). Prosperavano poi in gran quantità di giorno e di notte finti maghi, fattucchiere e stregoni, veri impostori che sfruttavano con ogni mezzo l'ignoranza, le paure e la superstizione dei poveri popolani.
Le condizioni delle nostre contrade erano in quei tempi assai infelici e dure, la fame e la miseria spesso la facevano da padrone e spingevano uomini privi di scrupoli a delinquere aggregandosi in bande armate che spadroneggiavano nelle campagne assaltando e derubando i poveri viandanti.
Ma tra questi fuorilegge vi furono anche uomini in alcuni casi generosi e di buon cuore che ottennero fama tra il popolino alimentando leggende e racconti popolari (Giuanin sigala, il Bastian cuntrari ecc.…) in contrapposizione al potere "ufficiale" all'epoca comunque assai duro ed oppressivo per i disgraziati sudditi. La gente intimorita si rintanava fino all'alba ben sprangata in casa ed al riparo della cinta muraria del paese costruita principalmente per difendere dall'assalto dei nemici ma anche per isolare dalle forze maligne della notte.
In tutti i nostri paesi di notte si erano istituite le ronde costituite da tre/quattro soldati armati che percorrevano le vie del paese tre ore dopo il tramonto quando si udivano i rintocchi della campana che dava inizio al coprifuoco (tempo in cui non una luce doveva trapelare dalle finestre) che durava fino all'alba. La gente dormiva per lo più sdraiata in terra su poche bracciate di paglia in un sudiciume indescrivibile tra topi, pulci e zecche.
Dal 1400 ordinanze particolari affidavano alle ronde comunali il compito di ricercare ed arrestare vagabondi notturni e tutti quelli che venivano colti in flagranza di reato ma anche coloro che, sorpresi a girovagare dopo il tramonto, non conoscevano la parola d’ordine.
Oltre alla libera circolazione, durante le ore della notte era assolutamente vietato lavorare anche se alcuni mestieri non contemplavano questo divieto come i fornai, i medici e le levatrici.
Caratteristica piemontese, riportata negli Statuti comunali, era che le ore si contavano abitualmente in modo diverso dagli altri luoghi in quanto si cominciava dalla prima ora della notte (tradizione che si è andata poi perdendo).
Il borgo di Cavour era racchiuso dai tre lati possibili (il quarto era rappresentato dalla Rocca) da alte mura con alcune torri mentre a metà costa e sulla cima della Rocca vi erano due possenti castelli chiamati Inferiore e Superiore. Nel secolo XI si registrarono i loro primi feudatari o " Dominus castri" che furono i Piossasco (Petrus Dominus del superiore e Omodeus dell'inferiore).
I Piossasco, Dominus del castello inferiore, furono poi espulsi da Cavour e si ritirarono nel vicino castello di Mombrone cambiando il loro nome in signori di Mombrone; mentre i Piossasco del castello superiore dopo molti anni e varie vicissitudini dovettero anch'essi cedere forzatamente ai Savoia il castello per cui ricevettero una somma in pagamento.
Questi signori ed i loro armati svolgevano un ruolo di difesa e protezione ma rappresentavano anche un pesante vincolo e peso per la comunità sottoposta richiedendo il pagamento periodico di tasse, contributi, gabelle a cui tutti dovevano immancabilmente sottostare. La Cavour medioevale (precisamente nel 1377 secondo il Cibrario) contava circa 150 fuochi come erano chiamati i nuclei familiari che complessivamente davano una popolazione di 750/800 abitanti.
Il medioevo ha rappresentato un periodo dove il " calpestar la legge " non era cosa insolita soprattutto da parte dei molti signorotti locali che, di fatto potevano fare il brutto ed il cattivo tempo a loro completa discrezione.
Vi erano ancora, in molti casi, i "servi della gleba" una categoria di persone a cui " tutto era richiesto ed a cui tutto era negato “. Poveri uomini, schiavi cristiani legati alla terra ed in assoluta dipendenza del " Dominus" padrone. Di norma però vi erano gli "Allodieri" ovvero contadini liberi che abitavano e coltivavano un misero pezzo di terra concesso in loro proprietà.
Nei borghi cittadini oltre ai molti "Artigiani " che svolgevano i più svariati mestieri ( famoso e riportato dallo storico Gabotto il maniscalco cavourese "Guastaferro" che accudì per 19 giorni dal 12 al 30 0ttobre del 1334 i numerosi cavalli dell'esercito di Aimone di Savoia feriti nei combattimenti contro le truppe di Giacomo d' Acaia e ne fu retribuito con quattro lire d'oro viennesi ) ed i pochi " Borghesi" che svolgevano le più antiche professioni ( medici , notai ecc..) vi erano gli "Osti" che gestivano le poche locande e taverne dell'epoca; buie e maleodoranti stamberghe dai nomi però sempre altisonanti ( Leon d'Oro, La spada Reale, La Corona Grossa ecc ....) dove si beveva il vino in capienti boccali ( ad esempio a Cavour erano tarati "ad misura caburrensem" che era di circa mezzo litro ).
In tale contesto oltre alle tasse da pagare prevalentemente in natura ma anche in moneta sonante (il Denaro Secusino in argento coniato dai Savoia, il Ducato, il Fiorino e il Grosso degli Acaia, lo Scudo, il Soldo, il Tallero, la Lira viennese) si svilupparono le " Esazioni " ovvero degli " Jus" signorili.
Per citare un esempio quando i Savoia si assicurarono il dominio di Cavour istituirono i diritti fiscali del "Dominus o Princeps " che nel 1243 erano ben sette ( vedi le memorie civili e religiose di F.Alessio ) : tasse per le crociate, donativo in caso di matrimonio della figlia del Princeps, il riscatto per i prigionieri o per i servi che volessero rendersi liberi, la tassa per la festa della cavalleria, la tassa in caso di passaggio dell'Imperatore , la tassa per il bene pubblico e quella per il particolare interesse di Cavour.
Queste ultime due a completa discrezione del "Dominus" tra cui potevano annoverarsi lo " Jus della mano morta" per cui tutti o parte dei beni del cittadino o contadino defunto venivano confiscati, il diritto di " maritagium o forismaritagium" che il padre della sposa doveva corrispondere al signore locale per ottenere il permesso di matrimonio (questa tassa si estendeva anche alle vedove che si risposavano).
Ma, in alcuni casi fortunatamente assai rari tanto da provocare rivolte armate, si adottò o si tentò di adottare anche il più odioso di tutti i diritti lo " Jus primae noctis” o diritto di prelazione... sulla sposa (vedi ad esempio " Cronaca della città di Cuneo " di F. Rebacini ed una antica diceria popolare o leggenda nostrana che narra proprio di tale "Jus" applicato spudoratamente da un signorotto locale).
Dario Poggio