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" La fonte della vita"...in terra cavourese e le "Vendette della natura"

29/11/2021 18:31

" La fonte della vita"...in terra cavourese e le "Vendette della natura"

di Dario Poggio

Il clima e le stagioni, di questi tempi, hanno perso la loro tradizionale, naturale sequenzialità, tutto sembra impazzito provocando precipitazioni, in realtà sempre più rare nel lungo termine, ma purtroppo caratterizzate da eventi imprevedibili particolarmente intensi, violenti e distruttivi alternati a lunghi periodi di grande siccità. L'effetto serra, fino a qualche anno fa ancora poco sentito ed evidente, si manifesta oggi sempre più alterando e modificando inevitabilmente le nostre abitudini sia su vasta scala, livello globale, sia a livello locale.

Il recente G20 che si è tenuto a Roma ha evidenziato la necessità inderogabile di intervenire in modo congiunto tra tutte le nazioni (non erano presenti Russia e Cina...i maggiori inquinatori), massimizzando gli sforzi sul clima, per abbattere le emissioni, l'inquinamento atmosferico, il gas serra (la temperatura media raggiunta è la più alta da 2mila anni). Una sfida che deve essere intrapresa attraverso l'impegno della comunità internazionale (non solo a parole) ma anche attraverso lo sforzo dei singoli paesi altrimenti la situazione precipiterà con un aumento della temperatura globale con effetti devastanti.

Oggi, nel nostro territorio pinerolese, stiamo vivendo, a dispetto della stagione autunnale, un periodo con poche precipitazioni rispetto alla media stagionale (mentre in altre zone succede il contrario), tanto che il famoso rifugio Quintino Sella (2640 mt.) ai piedi della parete est del Monviso ha dovuto chiudere i battenti con largo anticipo per mancanza di acqua (cosa mai successa in passato). Tuttavia è possibile aspettarsi, magari a breve, una brusca variazione climatica con intensi rovesci, violente e pericolose precipitazioni che possono portare anche a drammatiche situazioni...

 Anticamente, la pianura che circondava il monte isola della Rocca era un territorio sicuramente poco ospitale composto da selve e foreste, da macchie di boscaglie ma soprattutto di acquitrini e paludi malsane e pericolose.

Dunque Cavour storicamente ha sempre avuto con “l’Acqua” un duplice rapporto legato per un verso alla vita, alla civiltà, al lavoro e per un altro verso alla dura lotta contro un elemento che può anche diventare causa di morte e di desolazione.

L’acqua ha infatti segnato, con la sua presenza o assenza, con l’utilizzo naturale o addomesticato che l’uomo ha saputo dargli, con la sua travolgente forza vitale o distruttiva, il volto, l’aspetto, di ogni valle e pianura alpina.

Secoli di storia piemontese in cui terra ed acqua hanno caratterizzato la morfologia del territorio segnando anche profondamente il carattere degli abitanti, dei nostri contadini di generazione in generazione. E’ evidente, al di là delle opere dell’uomo, che ogni corso d’acqua risponde a delle leggi naturali che periodicamente possono provocare effetti particolarmente distruttivi nei territori circostanti; leggi da cui non possono far eccezione nè il Pellice e neppure il Chisone ed il Grana, i fiumi / torrenti che maggiormente interagiscono sulla campagna cavourese ed in particolare sulla prima fascia pianeggiante che attraversa i territori di Garzigliana e Cavour (in località Castellazzo).

In questa area, posta nel comune di Cavour, a metà tra il Pellice ed il Chisone, gli effetti delle piene hanno rappresentato da sempre un quasi sistemico livello di drammatica catastrofe, come è storicamente riportato in antichi documenti comunali e nelle cronache dei periodici locali.

Un terribile elenco di inondazioni con disastri immani ed anche lutti.…

Ricordo che solo l’alluvione del 19 maggio del 1977 arrecò al pinerolese danni per 12 miliardi di lire con il crollo del ponte di Bibiana, e la morte di sette persone; inoltre, in tale frangente, crollarono o furono gravemente danneggiati anche i ponti della Bertenga, del Blancio, della ferrovia di Torre Pellice e il ponte di Montebruno a Garzigliana.” La vendetta del Pellice e del Chisone” titolarono i giornali!

 Il problema è che, per la messa in sicurezza dei fiumi e dei torrenti,  non esiste una ricetta certa, non c’è arginatura, per quanto ben fatta,  che tenga per sempre ed inoltre  nel corso dei secoli il patrimonio boschivo lungo le rive dei torrenti si è drasticamente ridotto, le acque sono state spesso incanalate, deviate, costrette dall’uomo in angusti argini e tubazioni irrispettose della natura la quale alla lunga, immancabilmente, si vendica  riprendendosi quello che le è stato maldestramente sottratto dall’uomo.

Oggi la situazione in generale è migliorata e vi è una maggior coscienza ma la grave problematica purtroppo è ancora e sempre in essere.

Ma, tralasciando l'attualità, e ricordando invece un po' di storia in tema di acque cavouresi è importante ricordare la stele romana ritrovata a Cavour nel 1552 (nelle vicinanze dell’attuale

” Fontana” in piazza San Lorenzo) di una tal “Azzia o Attia”, sacerdotessa della Dea Drusilla, riportante l’indicazione incisa di un “Bagno ed una Piscina” che confermano come già in epoca romana il territorio fosse oggetto di opere di canalizzazione e come, presumibilmente, la sorgente situata nella galleria ai piedi della Rocca (che alimenta ancor oggi la bella fontana adottata come logo dalla Pro Cavour) ne fosse, già nel primo secolo d.C., la principale fonte di alimentazione.  

 Con le invasioni barbariche però tutte le coltivazioni e le principali opere di canalizzazione vennero praticamente distrutte e la boscaglia e le paludi progressivamente si estesero riappropriandosi dell’intera zona per cui dobbiamo attendere l’XI secolo con l’arrivo dei Benedettini a Cavour per avere un nuovo fermento operativo in materia. Queste istituzioni monastiche dettero infatti un contributo fondamentale allo sviluppo dell’agricoltura nella regione attraverso grandi dissodamenti, bonifiche ed opere di irrigazione tra cui ricordiamo il " Buco del Diavolo" ed il canale Moirano.

Successivamente alla prima presa del Buco del Diavolo che portava l'acqua fino all' Abbazia di Cavour (Bedale vecchio o via vecchia di Bibiana) fu costruita una seconda presa e relativo canale “Bedale Cavour o Canale dei Mulini” per alimentare più agevolmente i territori cavouresi.

A queste prime ardite e meritevoli opere di bonifica effettuate dai frati dei complessi Abbaziali della zona seguì a partire dal XIV secolo l’azione delle varie Comunità ed anche dei privati che crearono una vera rete di canalizzazione finalizzata all’irrigazione, agli usi civici, domestici  e soprattutto all’uso dell’acqua quale forza motrice per far lavorare mulini, frantoi, fucine, macchine varie ecc. con l’elaborazione di numerosi ed arditi progetti ingegneristici  che furono in buona parte realizzati . Tuttavia questi progetti, fatti dall’uomo, comportarono spesso pesanti disboscamenti con la positiva messa a coltura di nuove terre ma che provocarono i primi fenomeni di erosione delle sponde con le successive inevitabili alluvioni.      

Ma , al di là, degli aspetti negativi dovuti, come già detto,  principalmente alla scarsa cultura del rispetto e della responsabilità nei confronti della natura, l’acqua rappresenta la vita, il progresso, la civiltà; l’uomo non si è mai arrestato e mai arreso di fronte ai danni arrecati nel corso dei secoli dalle “ Vendette della natura “ ed ha continuato, irriducibile, nella sua opera di “ antropizzazione” del territorio utilizzando e sfruttando l’acqua in tutti i modi possibili: dal semplice uso per dissetarsi , agli utilizzi per l’agricoltura, a quelli sociali, a quelli produttivi .

Concludendo queste poche  note sull’argomento “ Acqua”, in terra di Cavour e nel pinerolese, possiamo dire che “ La fonte della vita” rappresenterà sempre più una imprescindibile sfida che riguarderà  soprattutto la capacità di ripensare e rimodellare il nostro territorio per migliorarlo sia in ottica di un più razionale utilizzo, sia di prevenzione che  di difesa ambientale per non essere impreparati nell' affrontare  gli effetti sempre più evidenti , imprevedibili e violenti delle mutazioni climatiche.   

 Nella foto il ponte di Bibiana prima della ricostruzione

                                                                                               Dario Poggio

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