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Storia pinerolese: Acaja contro Savoia

04/09/2021 9:00

Cavour ed il pinerolese. Acaja contro Savoia

 

 Guerra, assedi, giuramenti, tradimenti e terribili condanne

 

 

Parte prima

 

Giacomo d' Acaia (1325 -1367) vs Amedeo VI di Savoia, il conte Verde

(1334-1383)

di Dario Poggio

 

La plurimillenaria storia di Cavour è ricca di fatti e misfatti storici certi e documentati e di moltissimi aneddoti complementari, più o meno veritieri, tramandati dalla tradizione popolare.

Certamente i periodi più trattati, documentati, descritti e studiati sono quelli, assai sventurati, dei secoli XVI e XVII quando Cavour ed i suoi abitanti subirono ogni sorta di sventure …dalla carestia, alla peste, alle molteplici guerre ed ai loro conseguenti, terribili massacri.

Oggi, tutti (o quasi) conoscono gli avvenimenti storici cavouresi relativi ai duri, tristi periodi del Lesdiguieres ed a quelli, ancor più tragici, del Catinat. 

Per contro, la storia cavourese del precedente periodo medioevale, rimane un po’ in ombra, sconosciuta ai più, quasi come si trattasse di un periodo buio trascorso senza avvenimenti di rilievo.

Invece, il medioevo piemontese fu un’epoca di forti passioni, di incontri e scontri tra illustri casate, tra genti, culture e religioni diverse. A livello spirituale, l'espansione del monachesimo benedettino e la nascita degli ordini mendicanti, francescani e domenicani, lasciarono importanti e fondamentali insegnamenti religiosi e culturali ed anche l’architettura fu profondamente segnata con lo sviluppo di numerosi monasteri e magnifiche cattedrali. Ultimo, ma non meno importante fu lo sviluppo dei numerosissimi castelli, delle dimore fortificate e dei comuni cittadini, tipica invenzione dell'Italia medievale.

Come ha recentemente scritto nel suo libro “La vittoria della ragione” il sociologo americano Rodney Stark (uno dei massimi sociologi viventi)” Scienza, libertà della persona e proprietà privata sono le tre basi dell’economia moderna che in realtà è nata proprio nel medioevo”.

L’idea diffusa secondo cui nel Medioevo l’Europa e l’Italia sprofondarono nell’oscurità è infatti una grande mistificazione. 

Quindi, anche Cavour con il suo Castello e l’Abbazia Benedettina di Santa Maria, per

l’importanza strategica che rivestirono all’epoca, si trovarono coinvolti e spesso al centro di significativi avvenimenti storici medioevali come le numerose guerre d’investitura feudali, le guerre tra i comuni piemontesi, le infinite contese a cui parteciparono gli Acaia ed i Savoia.

(Il ramo dei Savoia-Acaia (o Savoia-Acaja) nasce con Filippo (1278 – 1334), figlio di Tommaso III di SavoiaSignore del Piemonte (1250 ca. - 1282) e di Guya di Borgogna, che assume il titolo di Principe di Acaia quando sposa Isabella di Villehardouin (1263 – 1312), nel 1301, figlia di Guglielmo II di Villehardouin, Principe di Acaia, e termina con il decesso di Ludovico di Savoia-Acaia, nel 1418, privo di eredi legittimi. Il feudo ebbe come capitale Pinerolo. La nascita di un figlio naturale, Ludovico, Signore di Racconigi, darà vita al ramo collaterale Savoia-Racconigi.

 -Nota tratta da Wikipedia -)

 

Ed è proprio dagli avvenimenti relativi ad un’aspra “contesa” tra queste ultime due casate che prende avvio questa breve storia…

Sul finire dell’anno di grazia 1359, nel turbinio di una tempesta di vento e neve, il vessillo dei principi d’ Acaia (banda azzurra sulla croce bianca in campo rosso) sventolava gagliardo e fiero intorno all’asta metallica posta sulla sommità del mastio del castello di Cavour. 

 

Nonostante il tempo assai inclemente e l’incombere delle prime ombre della sera, molti occhi attenti scrutavano dagli alti spalti del castello la pianura sottostante e lo sguardo si spingeva fino lambire i contrafforti ed i bastioni di Pinerolo, di Barge, di Bagnolo, di Bibiana, di Torre Pellice…alla ricerca di uno scintillio d’armi, di un bagliore, che facesse presupporre un qualsiasi movimento di truppe.

Ma perché questa particolare attenzione? Cosa minacciava il castello di Cavour?

Il possibile nemico era, questa volta, davvero inusuale, non si trattava infatti di guardarsi dalle abituali scorrerie dell’eterno nemico il Marchese di Saluzzo, ma bensì dai soldati di Amedeo VI di Savoia, il conte Verde, cugino e superiore feudale degli Acaia.  

Una contesa, quella scoppiata tra i Savoia del ramo comitale ed i cugini Acaia, signori del Piemonte e di Cavour, iniziata quando il giovane Giacomo di Savoia Acaia fu costretto nel 1344 a prestare omaggio feudale al cugino il conte di Savoia Amedeo VI. 

Mal sopportando questo vassallaggio, Giacomo d’ Acaia, fingendo d’ ignorare il giuramento di sottomissione, nel 1355, chiese personalmente all’Imperatore Carlo IV di essere riconosciuto come vassallo “diretto” dell’impero.

L’ Imperatore, allettato da una ricca somma offertagli dal principe, concesse il 26 aprile del 1355,

all’Acaia, un diploma che gli attribuiva il diritto di battere moneta, creare notai, imporre pedaggi.

In realtà, si trattava di un semplice “contentino” che non svincolava completamente Giacomo dai doveri di vassallaggio ma che gli consentiva, comunque, una notevole autonomia.

Tuttavia, appena in possesso del diploma imperiale, Giacomo d’Acaia, sulla base di quest’ultimo, dichiarò diritti di comunione e condominio su Ivrea e sul Canavese, asserzioni e prese di posizione che, appena conosciute, irritarono fortemente il cugino al di là dei monti.

Ma, l’occasione per il “casus belli” fu l’imposizione, da parte di Giacomo, di una pesante gabella di sei denari per ogni lira di merci che transitava nei territori degli Acaia verso la Savoia.

Una simile tassa danneggiava fortemente il commercio savoiardo, per cui dalla capitale, Chambèry, si levarono proteste indignate a cui seguì l’intimazione immediata di eliminare ogni dazio da parte di Amedeo VI (7 maggio del 1356).

Giacomo d’ Acaia, per nulla intimorito non ubbidì all’intimazione e con l'aiuto di Tommaso II di Saluzzo, di Galeazzo e di Bernabò Visconti, attaccò e prese Ivrea, al cui condominio diceva di aver diritto.

Dopo aver tentato ancora alcune mediazioni, il conte di Savoia, in virtù dei suoi poteri di superiore feudale, il 4 novembre del 1356 dichiarò Giacomo decaduto dai suoi poteri sovrani e dai suoi feudi.

Seguirono tre anni di relativa tregua con lodi, tentativi di arbitrati e conciliazioni fino a quando, nel 1359, Giacomo, sentendosi nuovamente forte, ripristinò la gabella.  Il conte Amedeo VI, gravemente offeso, a questo punto abbandonò ogni indugio ed assoldata (per 3000 fiorini al mese) la fortissima compagnia di ventura di Anichino Baumgarthen scese in Piemonte dal valico del Moncenisio per punire duramente il ribelle.

Giacomo, prevedendo la mossa del cugino, aveva raccolto tutte sue forze e munito con armati le città fedeli ed i suoi più importanti castelli raccomandando lo stato di massima allerta.

Amedeo VI, iniziò subito la campagna militare assediando e conquistando Pinerolo ed altre città.

Giacomo d’ Acaia, sconfitto, umiliato e con pochi armati, fu preso prigioniero e consegnato al duca di Savoia.

Amedeo VI, per completare l’opera, continuò la campagna contro i vari castelli e villaggi fedeli agli Acaia che non si erano ancora arresi.

Cavour ed il suo Maniero erano tra questi …

 

Il paese di Cavour, nel XIII secolo, aveva una popolazione di 750/ 800 persone suddivise in 250 fuochi o famiglie.

La normale guarnigione del castello superiore di Cavour (all’epoca esisteva anche un castello inferiore oggi scomparso), oltre al castellano, al suo vice, ad alcuni scudieri, ai fabbri, ai maniscalchi (famosa la famiglia medioevale cavourese dei maniscalchi “Guastaferro”) contava una trentina di soldati di mestiere che furono in quel periodo rinforzati da alcuni “Balestrieri “provenienti da Pinerolo e da molti contadini armati ed addestrati al meglio.

I “Balestrieri “erano nel medioevo dei soldati specializzati e temibilissimi, infatti erano armati con la “Balestra” un arma da lancio micidiale e precisa. La balestra offriva dei vantaggi rispetto all’arco: innanzitutto aveva una gittata maggiore, cosicché i balestrieri potevano tirare in assoluta tranquillità contro arcieri e cavalieri ancora troppo lontani per lanciare le loro frecce…

In secondo luogo, il teniere e i dispositivi per tendere la corda e per farla scattare rendevano meccanico e ripetitivo il ciclo di tiro, quasi come fosse un’arma da fuoco. Il “balestriere” doveva però essere protetto durante la fase di caricamento e lancio da un grande scudo chiamato pavese, retto da uno scudiere o “pavesaro” che, in genere, era un giovane apprendista balestriere (la balestra fu per molti anni considerata dalla Chiesa un’arma ingiusta ed immorale, poiché, con la sua micidiale potenza, un semplice soldato poteva abbattere un nobile cavaliere anche se protetto da una corazza). 

Il paese di Cavour, seppur protetto da torri e da una cortina di mura, fu quindi preso d’assalto dai soldati del duca che, con torri d'assalto, argani, balestre e trabucchi apertasi una breccia dilagarono nel paese costringendolo alla resa. Per contro, il castello sulla vetta della rocca, considerato all’epoca una fortezza inespugnabile, rifiutò sdegnosamente ogni proposta di resa.

Per ironia della sorte, i soldati ducali, durante l’assedio al castello di Cavour furono rinforzati da altri quaranta provetti “Balestrieri” di Pinerolo che la comunità della città dovette, anche in questo caso, pagare profumatamente con 22 fiorini d’ oro (vedi “Cavour – Pagine di microstoria” – di Giorgio di Francesco e del Gruppo di ricerca storica della Pro Cavour).

Vi furono quindi “Balestrieri “pinerolesi impegnati sia a difesa che all’attacco di Cavour.

Il 20 gennaio del 1360, dopo durissimo assedio anche il castello di Cavour dovette cedere e si dichiarò vinto.

Di conseguenza, il 20 febbraio, le autorità cavouresi, il castellano ed i cittadini tutti, furono chiamati a raccolta sotto le arcate dell’Ala del mercato di Cavour e dovettero prestare solenne “Giuramento di Fedeltà Feudale” al Conte di Savoia (il documento è tuttora conservato presso l’Archivio di Stato di Torino).

Nel giugno dell’anno successivo, Giacomo d’Acaia si ribellò ancora al conte di Savoia, ma venne nuovamente sconfitto.

Infine, nel 1363, Giacomo, per riottenere la completa libertà d’azione e recuperare parte dei suoi feudi in Piemonte, dovette versare al duca Amedeo VI l’ingentissima somma di 160.000 fiorini d'oro, rinunziando alle pretese su Ivrea e sul Canavese e con l’obbligo di sposare la giovane Margherita di Beaujeu sorella di un fedele amico del conte di Savoia.

Da quel momento i rapporti tra i due cugini ritornarono, almeno in apparenza, cordiali.

Giacomo d’ Acaia si spense in Pinerolo il 17 maggio del 1367.

 

                                                                                               Dario Poggio

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