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Quali sono i segni fisici della violenza? "La violenza non è solo sessuale"

08/03/2021 10:07

L’Associazione Amiche e Amici dell’Accademia (AAA) di Medicina di Torino ed il Segretariato Italiano Studenti in Medicina (SISM) di Torino organizzano una conferenza on line dal titolo “leggere i segni della violenza”. L’incontro si svolgerà sulla pagina Facebook dell’Associazione lunedì 15 marzo alle ore 17.30 (www.facebook.com/AAAMedicinaTorino).

Melania Sorbera intervista la Presidente dell’Associazione, dott.ssa Gabriella Tanturri, per Medical Excellence Tv. Quali sono i segni fisici della violenza? Il tema non riguarda solamente ginecologhi e ginecologhe, «la violenza non è solo sessuale, può esercitarsi in modalità che fanno sì che moltissime specialità mediche siano coinvolte nell’identificare e riconoscere i segni di violenza». Come medico che fa anche Pronto Soccorso per la sua specialità di otorinolaringoiatria, la dott.ssa Tanturri ha visto spesso segni di lesione da violenza «come la frattura del timpano da schiaffo e da pugno sull’orecchio, le fratture nasali», sino ad arrivare «ai tentativi di strangolamento come frattura di un piccolo osso in alto sul collo mediano, l’osso ioide, perché le persone vengono prese spingendo verso l’alto». Un’altra specialità interessata è la radiologia, l’ortopedia, l’oculistica, «i pugni sugli occhi possono procurare lesioni». La giornalista si interroga sul «modo di individuare segni di violenza in maniera specifica». Un certo tipo di lesioni sono patognomiche della violenza. Per altre, «un criterio diagnostico che ci può orientare nel riconoscimento è il numero di accessi al Pronto Soccorso». Pone il caso di una persona con frattura costale che adduca la causa in una caduta violenta contro lo spigolo del bagno ma «se comincia ad arrivare una seconda volta con lo stesso tipo di lesione», scatta un campanello d’allarme. La dott.ssa Tanturri raccomanda «un atteggiamento meno giudicante possibile. Siamo di fronte a persone estremamente fragili che vivono una situazione di paura». Una strategia consiste nel «lasciar fuori l’accompagnatore, spesso chi accompagna può essere il carnefice, l’autore della violenza».

L’incontro del 15 marzo intende proporre un momento di formazione per un pubblico variegato ma i fruitori principali sono studenti in medicina, giovani medici, operatori sanitari. I relatori sono «persone che hanno una grandissima esperienza nel settore»: Paola Castagna, responsabile del Centro Soccorso Violenza Sessuale dell’ospedale S. Anna di Torino, Gianluigi D’Agostino, Presidente della Commissione Albo degli Odontoiatri di Torino, Maria Teresa Sorrentino, Dirigente Medico Spec. Radiologia della Città della Salute di Torino, la stessa dott.ssa Gabriella Tanturri, già Direttrice Struttura Semplice Day Surgery ORL (otorinolaringoiatria), Città della Salute di Torino e la dr.ssa Cristina Biglia, che opera nei consultori come referente territoriale della Rete antiviolenza.

Alla domanda sulle fasce sociali più colpite, la dott.ssa Tanturri è lapidaria, «la violenza è trasversale a tutte le classi sociali, a tutti i livelli culturali», persino una sua collega cercava di nascondere il fatto che subisse violenza dal marito. La pandemia ha rappresentato una situazione in grado di far emergere la problematica, le Nazioni Unite hanno parlato di “pandemia ombra”. Sono aumentati i femminicidi, «l’unico dato amministrativo sicuro». Un altro dato è rappresentato dagli accessi al numero nazionale 1522, in particolare di notte e nelle prime ore del mattino. Gli operatori hanno garantito «supporto, aiuto, consigli a tantissime persone che non potevano rivolgersi ai centri antiviolenza». Nell’economia italiana, le donne sono più facilmente esposte a lavori precari; spesso, durante il lockdown l’hanno perso, aumentando la condizione di dipendenza. Inoltre, il momento di lavoro fuori casa era un momento di ristoro, «costrette ad una convivenza di ventiquattr’ore su ventiquattro, molte situazioni sono precipitate». Quanto ai segni di violenza psicologici, spesso all’interno dell’ambito familiare, sono più difficili da far emergere. In un’intervista con Riccardo Thomas di Mondo sanità, la dott.ssa Tanturri spiega come si abbia a che fare «con persone terrorizzate che hanno paura delle conseguenze di un’azione di denuncia. In famiglia ci sono i figli. La denuncia comporta anche una frattura di altri componenti che fanno parte della sua rete di sostegno affettiva».

Con Livia Tonti di Md-digital, la dott.ssa Tanturri aggiunge un dato numerico. La prima indagine Istat che ha rilevato dati sul fenomeno è stata nel 2006, la seconda nel 2014. E’ stata fondamentale la collaborazione di tante strutture, centri antiviolenza, col supporto di vittime di violenza che hanno suggerito strategie. Le donne che hanno subito violenza nella fascia d’età tra i 16 e i 70 anni ammonta a 14.3%. Pertanto, se un medico di famiglia ha 1000 pazienti avrà 65-70 casi di donne coinvolte. «La loro società scientifica, la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG), ha elaborato un progetto» presentato nel 2014 (Progetto Vìola) con l’intento di «cercare di far emergere il problema attraverso il colloquio clinico». Il problema successivo è come dare una risposta indicando centri specializzati di riferimento. La Regione Piemonte ha finanziato con la legge 4/2016 i Centri antiviolenza e le Case rifugio. «Lì entrano in anonimato e vengono aiutate successivamente a ricostruirsi la vita, a trovarsi un lavoro, ad imparare ad avere un “budget”, sono personalità da ricostruire integralmente».

Giorgia Martino del SISM interviene nell’intervista curata da Livia Tonti, «Saremo i medici di domani e dovremo saper riconoscere i segni di violenza». Per Diletta Zummo, vicepresidente dell’Associazione AAA di Medicina di Torino, «il primo approccio con la donna vittima di violenza, i primi segnali sono a livello ambulatoriale o di Pronto Soccorso, i primi lavori di un neolaureato in medicina, le classiche “sostituzioni”. Sono in grado di riconoscere una donna che ha subito violenza, di aiutarla in modo adeguato e di dare le informazioni necessarie in continuità col territorio?».

Nella foto la dott.ssa Tanturri e la dott.sa Diletta Zummo

Piergiacomo Oderda

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