FOTO "Anche Pistoletto parte dal cibo"...
di Piergiacomo Oderda
Un robusto profumo di legno ci accoglie nella galleria di Giorgio Persano a Torino (via Principessa Clotilde 45). E’ un anticipo di “vernissage” rispetto agli eventi che segnano il primo week end di novembre di arte contemporanea centrato su “Artissima”. Michelangelo Pistoletto crea una serie di diciassette spazi con titoli, sempre in legno, che comprendono moda, formazione, astronomia, ecologia (“Comunicazione. Le porte di Cittadellarte”). Non manca un riferimento al cibo, con una “stanza” dedicata al “nutrimento”, guarda caso in collegamento proprio con “spiritualità”. Il pubblico si aggira divertito cercando il varco dove passare e scrutando una cartina, quasi fossimo tutti architetti nell’atto di pensare cosa disporre nelle varie stanze. «Quelle cellule, pur indipendenti, fanno parte di un unico organismo e, interconnesse, compongono il sistema che congiunge arte e società», recita il comunicato stampa. In uno spazio vicino, in Corso Regina Margherita 242, espone “Quadri specchianti”, una serie di immagini di giovani a grandezza naturale posizionati su specchi, tutti immancabilmente impegnati col proprio smartphone. Curioso il ragazzo appoggiato ad un tavolo da bar o ristorante (“Il Cambio” ha allestito una sala con opere di questo genere di Pistoletto). Sono tutte opere recenti, salvo una lunga catena umana risalente al 2007, sempre su superficie specchiante per cui il soggetto che fruisce dell’opera vi si trova immediatamente inserito.
Fino al 4 novembre si può ammirare al Castello di Rivoli un allestimento di otto quadri di De Chirico appartenenti alla collezione privata di Francesco Federico Cerruti; saranno ospitati in una villa a Rivoli di prossima apertura. Il fascino è l’accostamento di questi quadri alle opere di arte contemporanea disposte al primo piano. Partiamo proprio da “L’architettura dello specchio” (1990) di Pistoletto dove si riflette “Autoritratto con la propria ombra” (1920) di De Chirico. Nella sala successiva, “Interno metafisico (con faro)” (1918), dove i marosi in tempesta richiamano i colori delle opere di Franz Ackermann. L’”Interno metafisico” (1913) risente del soggiorno ferrarese del pittore, dato l’ampio spazio dedicato al caratteristico “pan pepato”. Il dipinto dialoga con la “Catasta”, il “Mancorrente” e la “Sedia” di Alighiero Boetti. “Composizione metafisica” (1916) si specchia nell’enorme zerbino di Fabio Mauri. Un po’ conturbante il cavallo tassidermizzato appeso in alto di Maurizio Cattelan (“Novecento”, 1997), istintivamente ci si va a rifugiare nei “Due cavalli” di De Chirico (1927). Sempre di Cattelan, in altra sala, “Charlie non fa surf”, un ragazzo inchiodato al suo banco di scuola. I classici manichini di De Chirico appaiono in “Muse metafisiche” vicino ai reperti di “Casa di Lucrezio” di Giulio Paolini e in “Il trovatore” (1922), anch’esso con un reperto sulla sinistra. Infine, al fondo di un lungo corridoio, quasi ad accentuarne la sospensione metafisica, “Il saluto degli argonauti partenti” (1920).
Per i cultori del mondo hindu, imperdibile la mostra al terzo piano di Nalini Malani (Karachi, 1946) che vive e lavora a Mumbai (da lei ancora chiamata “Bombay”). Figlia di madre sikh e padre teosofo, mostra una viva attenzione alle questioni ambientali. Esplora la ciclicità della violenza nella storia, in particolare quella sulle donne. Prende spunto dal mito greco di Cassandra ma tante immagine proiettate raffigurano divinità hindu e prendono spunto dal poeta Krisnawami Ramanujan. Anche dal punto di vista tecnico, interessante la composizione di vari cilindri colorati che ruotano alla velocità di quattro giri al minuto.
Piergiacomo Oderda