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«Da dove vuole ricominciare il PD?» Risponde Paolo Gentiloni alla festa PD a Torino

07/09/2018 18:19

di Piergiacomo Oderda

La cortesia di Paolo Gentiloni ben si sposa con le domande di uno schivo Maurizio Molinari, direttore de “La Stampa”. «Da dove vuole ricominciare il PD?», riprendendo l’esortazione di Mimmo Carretta, segretario torinese, «cominciamo a ricostruire!». Gentiloni ringrazia innanzitutto il direttore per aver riservato all’intervista il tempo in cui si chiude solitamente la redazione di un giornale. Il PD «dobbiamo rifondarlo completamente ma guai a noi se, in una situazione delicata e pericolosa come quella che viviamo, immaginassimo di rinunciare ad un partito di opposizione democratica». Molinari introduce l’analisi del voto “spartiacque” del 4 marzo, riconoscendo il merito a Gentiloni di essere stato l’unico, insieme a Mattarella, ad «affrontare il tema della disuguaglianza economica». «Siamo nati dentro ad una cultura per la quale se c’è la crescita, tutto sommato, le cose vanno meglio per tutti»; Gentiloni cita Kennedy, «l’onda di marea fa alzare tutte le barche». «E’ tornata la crescita in modo impetuoso negli Stati Uniti ma questa crescita stavolta ha accentuato le disuguaglianze». Il governo di Gentiloni ha tentato di «additare a buon esempio le aziende che ce la fanno, anche nel Mezzogiorno ci sono realtà di avanguardia che producono robot». Si è individuata la misura del “reddito di inclusione” che «in sette mesi ha toccato un milione 150 mila persone su una platea potenziale di due milioni». Il direttore de “La Stampa” accenna al tema dei migranti, Gentiloni lo elogia per la sua competenza in campo di politica internazionale e di politiche per la sicurezza. «Ci hanno riconosciuto in tutto il mondo la capacità di trasformare un fenomeno fuori controllo, gestito dalla criminalità». L’immigrazione persisterà come problema per i prossimi trent’anni, i tentativi di soluzione vanno individuati «senza inventarsi prove di forza su una nave italiana»; Gentiloni attacca il governo in relazione all’operato sulla nave Diciotti, «un’operazione di propaganda». «I partiti populisti, sovranisti, anti immigrati sono più forti nei paesi in cui i migranti non ci sono o sono pochissimi». La questione riguarda il piano culturale, «la paura che il tuo modo di vivere venga minacciato da fuori, non rinunciamo ai valori democratici della solidarietà».

Quanto alla Libia, Molinari sottolinea l’impegno profuso dal governo Gentiloni a sostegno di Al Sarraj, rispetto al generale Haftar: «avete scelto l’alleato sbagliato?». La situazionie libica è estremamente fragile, Gentiloni parla di «capacità di stare in equilibrio sul filo». Al Sarraj nel 2016 arrivò a Tripoli in nave da Tunisi, «anche grazie alla trattativa del nostro ambasciatore; il governo di cui parliamo era riconosciuto dalla comunità internazionale», secondo un accordo siglato alla conferenza di Roma di fine 2015. «I nostri interessi nazionali sono più concentrati in Tripolitania per la presenza dell’Eni che estrae duecento, duecentocinquanta mila barili di petrolio al giorno». Racconta il gustoso aneddoto di una telefonata di Trump in cui gli diceva: “Paolo, quanti barili estraete ogni giorno dalla Libia?”. «Due suggerimenti, non richiesti, al governo attuale: tenere a bordo gli americani» e, nei rapporti con la Francia, «si compete cooperando, collaborando, cercando punti di contatto diplomatici». Molinari s’interroga sulla posizione del centro sinistra per le elezioni europee di maggio 2019. Secondo Gentiloni, il carattere inedito è rappresentato dal fatto che «alcune forze di governo nei paesi dell’Est e in Italia mettono in discussione i fondamenti del modello europeo». Li elenca: «1. collegamento democrazia e libertà (libertà di stampa, rispetto delle minoranze, autonomia della magistratura); 2. Stato sociale, “welfare state”; 3. “superpotenza tranquilla”, l’Europa unita come fattore di pace e di dialogo». Cita più volte i governanti europei negli anni 1913-14, cosiddetti “sonnambuli” in quanto non si rendevano conto di quanto stesse portando alla «guerra più sconvolgente della storia dell’umanità». Il PD intende «andare all’attacco, battersi per cambiare l’Europa, per renderla più forte».

La domanda su Matteo Renzi non scompone l’”aplomb” di Gentiloni. Esiste una «chat tra deputati del PD in cui si discute e si litiga su tutto», già si immaginava che sulla proposta dell’abolizione dell’ora legale del presidente della Commissione europea, Juncker, vi si scatenasse uno scontro tra favorevoli e contrari. «C’è bisogno di un congresso che non escluda nessuno, dove si parli di questi problemi più che di dinamiche interne». Il direttore de “La Stampa” chiede un parere su Chiamparino, possibile candidato alle primarie. Gentiloni rievoca il “Magara!” del ct Mazzone, Chiamparino è stato un ottimo sindaco, durante la festa del lancio della Nuova Cinquecento si respirava a Torino un clima da estati romane, la città era piena di gente e di allegria: «almeno glielo dobbiamo chiedere, posso farlo io personalmente».

Molinari chiede un segreto sull’attività di governo. Il pensiero di Paolo Gentiloni si sofferma sul «lavoro di accanimento di chi fa diplomazia in modo efficace, mai da sottovalutare». Ad una conferenza sulla Siria, i ministri degli esteri USA (John Kerry) e russo (Serghei Lavrov) chiusero le porte e comunicarono agli astanti che non si sarebbero riaperte finché non si fosse raggiunto un accordo sul “cessate il fuoco”. Non si poteva mangiare, non si potevano far entrare collaboratori, era concessa solo una pausa biologica ogni cinque ore; nella prima di queste pause, Gentiloni, accanto al ministro Lavrov, ha dato un contributo per la scrittura del documento che si stava redigendo per sbloccare la situazione. «Sono affezionato al mondo multilaterale, attorno ad un tavolo si litiga ma è possibile trovare una soluzione».

Piergiacomo Oderda

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