"Associare il terrorismo al fenomeno migratorio è assurdo". Dibattito a scuola
di Piergiacomo Oderda
Stefano Parola, giovane giornalista di “Repubblica” accetta un confronto serrato con gli studenti dell’Avogadro di Torino, durante i giorni di autogestione. Conduce il dibattito Matteo Salis, serafico studente di quinta elettronici, “come facciamo ad informarci? Il giornalismo è obiettivo?”. “Scegliere una parola può cambiare il senso di quello che si dice”. Parola distingue tra giornalismo anglosassone che tende ad essere maggiormente obiettivo e quello italiano, “più narrativo, per motivi culturali e storici si avvicina alla letteratura”.
L’Italia non ha editori puri, ogni giornale nasce con una sua linea editoriale, “Repubblica” ha una storia di lettori di centrosinistra che si riconoscono in determinati valori, “Il Manifesto” ha “una lettura dei fatti profondamente intrisa di una visione più a sinistra”. Ai tempi di Internet, “il lettore non fa una scelta consapevole delle testate, ha uno strumento in meno” di consapevolezza. Le domande degli studenti cercano di puntualizzare se il giornalista debba seguire la linea editoriale del direttore. Un neodirettore la illustra di fronte all’assemblea dei giornalisti, spiega Parola, poi “i giornalisti votano se è coerente con la loro storia, con le loro inclinazioni personali”. La notizia ha il sopravvento, anche “La Stampa” ha dovuto scrivere di Lapo Elkann, protagonista di un episodio fotocopia di quanto avvenuto dieci anni fa, “la notizia non puoi tenerla nascosta al lettore”.
Matteo Salis lancia un input sui migranti e uno studente ricorda un infelice titolo di “Libero” all’indomani dell’attentato di Parigi. C’è libertà di stampa e di opinione, ricorda Parola, forse in quel caso doveva intervenire l’Ordine dei giornalisti. “Purtroppo quel lettore di Libero avrà pensato il titolo ancor prima di vederselo scritto sul giornale”. Alcuni giornali fanno leva su una porzione di italiani contrari al fenomeno dell’immigrazione, per quanto si possa essere contrari ad un fenomeno ineluttabile. L’unica “arma” del lettore è non comprare il giornale o non cliccare su determinate testate web.
“Il modo di informarsi è cambiato radicalmente negli ultimi anni, per comodità ci si informa su Internet”. Tutti i giornali cercano di essere su Facebook. “E’ fondamentale ciò che decide di far vedere, con un algoritmo decidono cosa mi piace e cosa no”. In realtà, è un aspetto pericoloso, Parola non troverà mai sulla sua pagina Facebook contributi di chi attacca gli immigrati, “Facebook mi tiene all’oscuro delle cose che non mi piacciono”. Altra caratteristica dei social network è garantire a “persone che la pensano in un certo modo di ritrovarsi e di ricevere manforte”. Accenna ai blog di Grillo e Casaleggio come “una forma di giornalismo più occulto, aiuta a creare consenso”. Rimprovera al “Fatto quotidiano” il rischio di “tracimare in tifo per il movimento 5 stelle”, critica simile a quella rivolta a “Repubblica” nei confronti del Partito Democratico. “Niente di male, importante essere coscientizzati”.
Uno studente chiede se l’attentato di Berlino possa “far cadere la Merkel e destabilizzare l’Europa”. “Associare il terrorismo al fenomeno migratorio è assurdo, una “scorciatoia per ingolosire gli elettori che magari non vedono bene il campo rom”.
Quanto al futuro dei giornali, Parola è ottimista, “informazione non è solo dare notizie o riportare fedelmente il commento”. Nel flusso delle notizie, il giornale rappresenta un punto fermo. “Questa è la giornata di oggi, sono successe determinate cose, ci sono sessanta pagine, quali sono le notizie più importanti da mettere nelle prime pagine? Quale la notizia più importante per la sezione sportiva?”. Nei bar si trovano sempre uno, due giornali e gente che li sfoglia. “Il giornalismo si salva sulla qualità”. Inviare un giornalista “per raccontare cosa succede sul fronte di guerra” costa mille euro al giorno. “Non avrà una lettura totale ma è lì, vede se ci sono feriti, bombardamenti”.
Matteo Salis chiede lumi per intraprendere la professione di giornalista. La carriera di Stefano Parola si è basata su Scienze della formazione e su un Master di giornalismo, altri colleghi arrivano da Giurisprudenza, ettere. Il mercato non è florido ma la professione è entusiasmante.
Nella foto da sinistra il giornalista Parola e uno studente dell'Avogadro