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Sinodo della famiglia dei circuli minores, in cui si sono ritrovati i padri, omogenei per lingua

15/10/2015 15:32

di Piergiacomo Oderda

Nella relazione del 5 ottobre scorso, il Segretario generale del Sinodo sulla famiglia, card. Lorenzo Baldisseri, aveva presentato alcune novità nella metodologia sinodale: «L’obiettivo è stato quello di rendere più agile, dinamico ed efficace lo svolgimento dei lavori, valorizzando soprattutto i “Circuli minores”, in cui il numero limitato di partecipanti e l’omogeneità linguistica consentono il dialogo franco, la condivisione delle idee, la maturazione del consenso». Sono terminate le prime cinque sessioni di tali “Circuli” e sono state rese pubbliche le sintesi dei lavori svolti sulla prima parte dell’”Instrumentum laboris”, “L’ascolto delle sfide della famiglia”. E’ interessante cogliere l’umore dei 270 padri sinodali, proprio dalle sintesi emerge il largo favore ottenuto da questi lavori di gruppo. «Abbiamo appreso molto: abbiamo imparato a lavorare meglio insieme, sessione dopo sessione, abbiamo imparato a leggere e a comprendere il testo in modo diverso attraverso quello che ci siamo detti gli uni gli altri» (Gallicus B). «Ritengo che il lavoro di questo gruppo abbia dimostrato ancora una volta che la molteplicità arricchisce» (Germanicus). I padri sinodali si sono presi il tempo di ascoltarsi, di andare a fondo nel condividere le riflessioni, pur nella consapevolezza che «i prossimi quindici giorni saranno insufficienti per onorare questo programma!». Ogni “circolo” ha elaborato dei “modi”, delle proposte di modifica del testo, sulle quali si è lavorato con attenzione, le  discussioni hanno richiesto molta energia e altrettanta abnegazione per scriverli tenendo conto al meglio delle idee di tutti (Gallicus A). Il terzo gruppo di lingua inglese ha apprezzato che la struttura del documento di lavoro andasse «nella direzione del “vedi-giudica-agisci” poiché ci permetteva di restare in contatto con la famiglia così come è nella realtà piuttosto che con la famiglia come vorremmo che fosse».

Comune la vigilanza affinché non predomini una mentalità troppo eurocentrica e il carattere eccessivamente cupo della descrizione dello scenario contemporaneo (Anglicus A). Occorre partire sempre dai dati positivi, «affermando la speranza che ci muove, nonché la presenza del Signore, rassicurante anche in questa ora» (Italicus A). Interessante l’approccio del terzo gruppo in lingua francese, moderato da mons. Maurice Piat, «siamo innanzitutto uomini di famiglia. Abbiamo genitori, fratelli, sorelle, zii, cugini, nipoti. Le famiglie fanno parte della nostra vita, vivono in noi. Questo deve trasparire dal nostro linguaggio». Si parla di “pericolo” nel parlare di famiglia in astratto, occorre sforzarsi «di parlare “delle famiglie”, “delle nostre famiglie” nella loro realtà concreta e individuale». Anche il secondo gruppo di lingua inglese riporta una riflessione «ognuno sull’esperienza della propria famiglia. Ciò che è emerso è stato ben lontano dallo stereotipo della “famiglia ideale”, ma un collage di famiglie diverse per quanto riguarda le origini sociali, etniche e religiose». Altrettanto coraggiosa l’ammissione del quarto gruppo di lingua inglese, moderato dal card. Thomas Cristopher Collins: «Suggeriamo che il documento inizi proprio come iniziamo ogni celebrazione della messa, con una sorta di Confiteor, ponendo noi stessi in mezzo ai fallimenti dei membri della Chiesa piuttosto che giudicarli dall’esterno. Dobbiamo riconoscere i nostri errori come pastori e chiedere perdono, specialmente per quelli che hanno minato la vita familiare».

Un pensiero sull’amore dal gruppo di confronto in lingua tedesca: «L’uomo desidera amare e donare amore. L’amore è il sì completo e incondizionato a un’altra persona, fine a se stesso senza secondi intenti e senza riserve».

Si è richiesta una «riflessione seria sull’ideologia del gender» (Anglicus D) e del secolarismo.  Le famiglie devono essere aiutate a «riprendersi il loro originario diritto all’educazione dei figli nel dialogo responsabile con gli altri soggetti educativi» (Italicus C, il circolo dove è relatore mons. Franco Giulio Brambilla). Si è ricordato che «i responsabili del bene comune, e in primo luogo le autorità pubbliche e i responsabili politici, non possono sottrarsi alla loro responsabilità rispetto a questo bene fondamentale che è la famiglia, che va sostenuta e incoraggiata attraverso politiche familiari, sociali ed educative, rivolte in primo luogo alle famiglie più bisognose» (Gallicus B). Laddove alcune situazioni (la terza età, la vedovanza, il fine vita, la disabilità, i migranti, i bambini, le donne) possono diventare motivo di esclusione, di marginalità» la famiglia diventa luogo di inclusione e si riscopre la missione evangelizzatrice della Chiesa, è «solo dal concorso virtuoso della famiglia, della comunità cristiana e delle altre realtà sociali che la sfida dell’inclusione può camminare coinvolgendo tutte le facce di questo poliedro dai molti volti» (Italicus C). Emergono qua e là esperienze positive, il “catecumenato domiciliare” (Hibericus B), la cura della chiesa per le famiglie con disabili (pur constatando che serve una maggiore riflessione sulla cura pastorale in questo campo) o l’«incoraggiamento a sostenere quelle realtà ecclesiali che si adoperano per stare accanto alle famiglie provate». Occorre ricordarsi che «la pastorale familiare non è solo l’azione dell’istituzione ecclesiale in favore delle famiglie, ma l’azione della Chiesa che si realizza nella famiglia e per la famiglia» (Italicus B).

Altre osservazioni riguardano la necessità di maggiori citazioni bibliche o patristiche, una maggior cura anche nella traduzione, la consapevolezza necessaria che una stessa parola in lingua francese non riveste sempre lo stesso significato da una costa all’altra dell’Atlantico o del Mediterraneo. Un’osservazione incisiva dal punto di vista dello stile proviene ancora dal quarto gruppo inglese, il documento «venga girato a un solo editor affinchè venga reso più chiaro e rifinito. Il materiale attuale è ovviamente opera di un comitato. Per questo, manca di bellezza, chiarezza e forza».

Fra le righe dei padri sinodali si legge l’entusiasmo per quest’esperienza unica di cattolicità, si confida nello Spirito Santo, «è nello scambio di punti di vista nello “choc” del confronto che si farà brillare la luce, rivelandoci le “sorprese di Dio” di cui papa Francesco ama tanto parlarci» (Gallicus C). Certamente, occorre uno scambio dinamico (“aller-retour proactif”) tra i circoli, il lavoro di assemblea e il comitato di redazione, «è la sfida della sinodalità e della comunione».

Nella foto Mons. Brambilla

 

 

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