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“Apprezzare e valorizzare la differenza sessuale”

15/05/2015 10:27

“Apprezzare e valorizzare la differenza sessuale” era il sottotitolo che la rivista “Famiglia oggi” apponeva nel primo numero del 2015 vicino alla citazione di Gn 1,27 «Maschio e femmina li creò». All’insegna di questo testo si è svolto il secondo anno della Settimana di studi organizzata dall’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della CEI, dedicata alle radici sponsali della persona umana. Non va sottovalutato che la riflessione si svolge nel «momento intersinodale, un tempo estremamente opportuno per approfondire le tematiche emerse nella prima fase», come ha spiegato il card. Baldisseri, intervenuto all’incontro. «Si vuole abbracciare tutti, credenti e non credenti, per far conoscere al mondo ciò che la chiesa, esperta e maestra in umanità, è capace di offrire sul tema del “Vangelo della famiglia”». Don Paolo Gentili, insieme ai coniugi Cioncolini apre il convegno in modo chiaro: «la differenza sessuale apre lo spazio della consapevolezza del bisogno dell’altro». Cita un passaggio del dramma teatrale “La bottega dell’orefice” (Karol Woitila), quando Anna coglie un segno del crollo del suo matrimonio, «non mi ama più se non si accorge della mia tristezza».

Padre Jean Louis Ska, docente al Pontificio Istituto Biblico, rilegge le storie di Giuseppe e di Rut. La solidarietà e la generosità divengono concrete negli intrecci famigliari ma la famiglia non è l’ultimo scopo della creazione, «ha una missione all’interno del popolo di Dio nell’Antico Testamento, nell’umanità redenta del Nuovo Testamento, costruire insieme il regno di Dio, la nuova creazione». Susy Zanardo, docente di filosofa morale all’Università Europea di Roma, riprende le categorie concettuali della “gender theory”. “Gender” è una «metafora del nostro tempo, non ha contenuti stabili, non è mai quello che è in nessun momento dato, è una consegna all’indeterminatezza». Si respinge la dualità sessuale per parlare di un “continuum” o addirittura di un “magma”, «il gender staccato dal corpo diventa una costruzione mentale e culturale, condizionata dai processi di socializzazione». Judith Butler provvede anche alla decostruzione del “gender”, «è un’azione, un performativo non nell’ordine dell’essere ma nell’ordine del fare, azioni incessanti e ripetute attraverso un rinforzo di modelli, agendo procuro quello che sono». L’avanzare della “gender theory” «ci dà l’occasione per dire una parola diversa». Come possiamo pensare alla differenza sessuale senza ricadere nello stereotipo che ha generato la subordinazione femminile? «La differenza sessuale è un elemento costitutivo, strutturale all’essere umano», è un dato «inaggirabile». La differenza è segno della nostra incompletezza, «il corpo della donna fa vedere che la mancanza è il mio meglio», è riflessione anche di Luisa Muraro (filosofa femminista) ma che non completa nella complementarietà, «sarei costretta a cercarmi infinitamente nell’altro, l’incontro con l’altro è troppo inquietante e rischioso».

Philippe Bordeyne, rettore dell’Institut Catholique di Parigi, definisce la differenza sessuale «un dono che chiede una risposta attiva, un lavoro che dev’essere fatto per tutta la vita; tutte le famiglie devono prendere coscienza di questa responsabilità». «L’esperienza amorosa costruisce la differenza sessuale, questa è originaria, impregna il nostro esistere, il nostro modo di stare al mondo. L’esperienza umana dell’amore è come un inizio della creazione, la differenza sessuale acquisisce senso nell’amore oblativo». Rispondendo alle domande svela un rapporto interessante tra famiglia e chiesa. «La chiesa insegna alla famiglia affinché possa diventare chiesa domestica. La famiglia insegna alla chiesa perché possa essere davvero testimone di comunione e riconciliazione». Le famiglie assurgono al ruolo di educatrici della comunità cristiana, «la coppia è un’omelia vivente per gli altri».

Yves Semen, preside dell’Istituto di teologia del corpo di Lione, snocciola alcuni fondamenti del pensiero di s. Giovanni Paolo II. «La differenza tra uomo e donna rimanda ad una differenza fondamentale, ontologica, irriducibile». Tre sono le esperienze significative in cui si spiega il significato del corpo: la solitudine, la comunione, la nudità. Nel dare il nome alle creature, l’uomo non trova un aiuto che gli corrisponda. «L’uomo da solo non realizza totalmente quest’essenza, la realizza solo esistendo per qualcuno». La donna non è frutto della ricerca dell’uomo. «Il grido di esultanza “osso delle mie ossa, carne della mia carne” è il primo canto d’amore dell’umanità, il prototipo del Cantico dei Cantici». Il corpo contiene attributi sponsali, la capacità di esprimere l’amore, «attua il senso del suo essere e del suo esistere. Ciò che ci dice il corpo nella maschilità e femminilità è un’esigenza di amore vero». Così conclude il teologo francese: «nell’ideologia del “gender” c’è di più di una semplice rivendicazione ideologica omosessuale e transessuale, c’è la rivendicazione da parte dell’uomo del potere di autodefinirsi, essere il proprio punto di riferimento, bastare a se stesso. Più che definire il bene e il male come tali, l’uomo contemporaneo si vuole definire basandosi sul rifiuto dell’alterità sessuale».

La chiesa è “esperta in umanità”, diceva il Beato Paolo VI all’assemblea dell’Onu nel 1965, «non è un privilegio, è una chiamata a servire l’uomo, ogni uomo e tutto l’uomo nella sua integralità». Sarà compito del convegno dell’anno prossimo tradurre in cammini pastorali queste intuizioni. Sin d’ora, Tommaso Cioncolini ci ricorda che «il matrimonio è la capacità di dare forma all’infinito, un orizzonte di infinito che scaturisce dalla reciprocità del tempo che ci si consegna scambievolmente tra coniugi. Il papa ci chiede di trovare segni istituzionali di misericordia per quelle persone che non hanno saputo vivere la differenza sessuale. Umanizzare è il primo grande compito della famiglia». Ci ha ricordato il card. Menichelli in una “lectio” che «la misericordia non è qualcosa di meno della verità, è la gemella; entrambe sono nate dal verbo di Dio fatto carne». L’esserci, come ha elaborato il gruppo di lavoro che abbiamo coordinato sul tema dell’annunciare (una delle cinque vie su cui rifletterà la chiesa italiana a Firenze nel prossimo novembre), significa «accogliere a braccia aperte come una madre, stare accanto in ascolto, accogliere con il senso di responsabilità di un padre che cerca la felicità per i propri figli». Don Paolo Gentili invita sempre a «togliersi i calzari di fronte alla sacralità dell’altro».

Nella foto: a  destra Cardinale Baldisseri  e don Enzo Bottaccini

Piergiacomo Oderda

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