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Arcivescovo Mons. Nosiglia: "L'amore più grande". La lettera pastorale

06/11/2014 11:00

E’ uscita la nuova lettera pastorale dell’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, datata 8 settembre, festa della Natività di Maria Vergine a cui affida l’anno pastorale 2014-2015 «perché sappiamo viverlo con il suo stesso spirito di gioia, di servizio e di umile accoglienza della volontà del Signore».

Il titolo, “L’amore più grande” è il motto che contraddistingue l’ostensione della Sindone che si svolgerà dal 19 aprile al 24 giugno e che illumina e sorregge «tutto l’impegno pastorale, la pastorale giovanile e delle famiglie, degli adulti e anziani, i vari servizi della carità e dell’impegno culturale e sociale». Lo sforzo di unità della diocesi «sul piano dell’evangelizzazione, della preghiera e della testimonianza» non può che trovare il primo soggetto responsabile nella «comunità educante alla vita e alla fede». Valorizzare l’apporto dei laici e le loro specifiche vocazioni si concretizza in «iniziative di formazione di coppie che accompagnino le famiglie e di catechisti preparati a farsi compagni di strada lungo il cammino dell’iniziazione cristiana» e nel «favorire la partecipazione di laici preparati nella cabina di regia della comunità».

Avvicinare la gente «là dove vive, opera, lavora, studia, soffre è un imperativo per la “comunità in uscita missionario”» (Evangelii gaudium, 27). «Tocca ai laici formati aprire la stessa comunità ai grandi problemi del mondo di oggi, nell’ambito del lavoro, dell’economia, della politica e della cultura».

A Nosiglia è caro il tema dell’urgenza dell’evangelizzazione, già emerso nella lettera “Devi nascere di nuovo”: «servizi caritativi che non aspettino di entrare in campo quando richiesti ma precedano le domande facendosi presenti sul territorio accanto alle persone o famiglie in difficoltà». Ritorna anche il tema della “Chiesa madre”, fortemente evidenziato nella lettera dei vescovi Cep sul cammino zero – sei anni. Nelle note si citano i riferimenti patristici (la Seconda lettera di Clemente del sec. II, il Pastore di Erma, le Confessioni di Agostino). Riprende il tema caro a San Giovanni XXIII della parrocchia come “fontana del villaggio” «che offre la sua acqua fresca a tutti, abitanti e gente di passaggio senza distinzione».

Tre sono gli ambiti in cui si struttura la lettera.

  1. L’INIZIAZIONE CRISTIANA

Individuare «quei varchi attraverso cui è possibile far emergere le grandi domande di senso». «Ogni ragazzo deve sentirsi protagonista della catechesi e non solo destinatario, soggetto attivo, creativo e ricco di potenzialità positive da sostenere». “La famiglia, primo e insostituibile luogo educativo” riprende gli Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia (Cei, “Incontriamo Gesù”, 2014). «La comunicazione del Vangelo è sempre avvenuta attraverso la via dell’educazione in famiglia. La famiglia di Nazaret è stata il grembo portante in cui il Figlio di Dio ha imparato a diventare uomo». E’ necessario «un forte impegno pastorale a tutto campo con la famiglia e per la famiglia. Ai genitori va chiesto anzitutto che si crei in casa un ambiente di fede vissuta nell’amore, nell’unità e nel dialogo tra coniugi e con i figli». Il vescovo utilizza un verbo forte (“insisto”) per attivare in ogni parrocchia un percorso di incontri «anche solo mensili ma continuati» per i bimbi dai tre anni  in su. L’iniziazione cristiana consta di un anno di primo annuncio, due anni di preparazione all’Eucarestia, un anno di mistagogia («tempo in cui si sperimenta dal vivo la fede nella comunità, in famiglia e nel vissuto quotidiano»), due anni di preparazione alla Confermazione, uno o due anni di mistagogia. Al termine di un approfondimento del Credo ci sarà una solenne professione di fede nella comunità. La formazione dei catechisti avverrà in collaborazione con l’Ufficio famiglia, l’Ufficio liturgico, il Servizio per il Catecumenato, l’Ufficio missionario e la Caritas.

  1. I GIOVANI

Tale ambito non poteva mancare per i duecento anni dalla nascita di San Giovanni Bosco. Il Sinodo dei giovani si è chiuso con un incontro con il Vescovo a Les Combes. «Mi auguro che si attivi in ogni sacerdote e fedele una serena riflessione», così rimbrotta l’assenza dei rappresentanti di alcune unità pastorali. La giovinezza è l’età della responsabilità ma anche di una richiesta di accompagnamento, a cui rispondere dedicando almeno una seduta del consiglio pastorale parrocchiale.

«Ogni giovane va accolto così com’è, nell’ascolto dei suoi appelli. Una particolare attenzione va riservata a quei giovani “invisibili” a causa della nazionalità, della cultura, della malattia o di particolari condizioni di disabilità o disagio». Promuovere un solido rapporto tra giovani e adulti, mettersi in gioco come “corresponsabili” negli organismi ecclesiali in cui si assumono le scelte fondamentali e strategiche del cammino della comunità perché la parrocchia sia una «casa e scuola di comunione, nella quale trovano posto itinerari differenziati e molteplici esperienze di fede che lo Spirito promuove». Infine, «i centri commerciali e le varie forme di “movida” disseminate nel territorio della diocesi, ma anche la strada» richiamano la «disponibilità per l’azione missionaria nella “città dell’uomo”».

L’educazione all’affettività è sentita come primo degli ambiti specifici della formazione dei giovani. Si invitano anche le parrocchie ad avviare «centri di ascolto per accompagnare nell’orientamento al lavoro». L’educazione al corretto utilizzo dei nuovi media nel mondo digitale prelude a curare la comunicazione attraverso uno specifico “social network” diocesano. Anche nel campo artistico dove i giovani sono appassionati interlocutori e protagonisti si individuano vie da percorrere per l’educazione e l’evangelizzazione. Il rilancio dell’oratorio richiede un coordinamento diocesano perché divenga un “laboratorio di comunità”, dove agiscono insieme adulti, giovani e ragazzi, famiglie e l’intera comunità. Offrire «momenti anche esterni da portare in piazza o nei luoghi laici di incontro, attraverso esperienze di collaborazione con altre componenti sociali e religiose del territorio». Si propone un impegno simile a quello svolto per il Sinodo dei giovani anche per gli adolescenti, «la fascia più ampia e più complessa, ma anche più stimolante nella pastorale giovanile».

  1. L’AGORA’

Il Vescovo assume toni accorati per «le gravi situazioni di povertà crescente». Si parla di «coscienze intorpidite», mentre il Papa esorta a riscoprire “quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà” (Evangelii Gaudium, 71). Il progetto Agorà del sociale che ha avuto una sua tappa il 27 settembre al Centro Incontri della Regione è un “metodo di lavoro e un’alleanza” per costruire insieme un nuovo “modello di sviluppo per il futuro”. Tre i versanti, l’educazione, il lavoro, il welfare.

La fraternità parte dalla “solidarietà di vicinato”, necessita di investimenti sulla famiglia e nella formazione. «Il sistema educativo in senso ampio è la vera priorità comune per giovani e insegnanti, educatori e genitori, politici e cittadini». La settimana della scuola che si celebra ogni anno a inizio ottobre va letta in quest’ottica. Il vescovo parla di “apnea” pensando ai giovani che «non studiano più, non trovano un lavoro e nemmeno più lo cercano. E’ necessario aprire concrete possibilità di credito per nuovi lavori».

Infine, un duplice dovere: «sostegno,  concreto e coordinato, per contribuire a condizioni di vita dignitose»; poi «dar voce ai tanti che vivono in solitudine i loro drammi e per dignità non tendono la mano». Rinnova l’invito alle parrocchie e comunità religiose di «attrezzare uno spazio dentro i rispettivi locali, per accogliere persone senza dimora, in particolare durante l’emergenza freddo». Anche una mensa per i poveri dev’essere una priorità per le unità pastorali più esposte ai problemi della povertà. Ancora un annuncio: «per mantenere imperitura nella nostra città la memoria della prossima ostensione della Sindone, daremo vita tutti insieme a un’opera di carità per chi è malato terminale e necessita di quella tenerezza di Dio che conduce alla pianezza della gioia dell’incontro con Gesù».

Piergiacomo Oderda

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