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"Sinfonie di eventi". Le poesie di Antonio Derro.

22/09/2014 15:11

Giovedì 25 settembre 2014, alle ore 18,30, presso il “Centro Artistico Culturale Arte Città Amica di Torino” in via Rubina 15 a Torino, ci sarà la presentazione del libro di poesie del pinerolese prof. Antonio Derro

Prefazione

Noi siamo per essere vento

È un viaggio la vita, un viaggio fisico e metafisico.

Si parte dai luoghi d’origine, si lascia (temporaneamente, mai del tutto) la propria geografia personale, fatta, nel caso specifico, di sole, di mare, di vento, dello Ionio, del Tirreno, del Sud che riluce, per giungere altrove, senza mai dimenticare, portandosi dietro e dentro quella luce, che è ricordo, esperienza, ma anche forza, ossa e carne.

Ma si parte anche quando si nasce: la meta finale è nota, ignoto, incerto, invece, ciò che riserva (in bene, in male) il cammino.

L’amore è una risposta, una guida, poiché “salva dalla polvere”. Così lo è Dio, non sempre chiaro nel suo disegno, in ciò che ha pensato per ciascuno di noi. Eppure presente.

L’uomo, animale strano: sa volare, ma striscia spesso nel quotidiano, rendendo faticosissimo il suo percorso. Vanno e vengono gli uomini, tentano, cozzano contro muri, aggirano ostacoli. Navigano. Spinti dal vento: “noi siamo per essere vento”. “Anime sperdute” che sanno riemergere “in uragani di luce”. Illumina il sole, la luce è viva, a tratti accecante (“traluce”, “riluce”), in grado di vincere il buio: quello parziale del male, quello totale della fine.

Bisogna farsi trasportare, essere “scintille oltre la luce / del tempo”.

 Nonostante i mali (i dolori) del mondo “nel cuore gemmano ancora / sferze di luce sobbalzi d’astri”: siamo, tutti, Luce e Vento (“Come il vento anch’io/ in un sobbalzo di luce anch’io”). Solo in questo modo, condotti dal vento, illuminati dalla luce, riusciremo (noi, “occasionali passanti”) a trovare una speranza all’interno della “strisciante disgregazione dolorosa / della materia”, nel magmatico flusso della storia.

 

Una antropologia in versi, una testarda disamina degli stessi rituali (degli stessi errori, verrebbe da dire) che i bipedi supposti dominatori del pianeta Terra commettono dalla notte dei tempi: questo l’obiettivo primo (il fine ultimo) del lavoro poetico di Antonio Derro. Un lavoro quanto mai meditato e meditabondo, un’indagine che pone (questo il compito principe della poesia) domande essenziali. Non trova risposte (la poesia non può – non deve – farlo), ma suggerisce vie, percorsi per indagare ancora.

 

    Non è pensiero fine a se stesso, peraltro, la poesia (non lo è per Antonio Derro), è riflessione attiva ed è parte di un tutto: un tutto che per l’autore comprende il mestiere dei grandi che l’hanno accompagnato in questo suo viaggio letterario (un viaggio che mai ha fine): il sangue di Lorca, la fisicità irruenta di Neruda, la scientificità di Borges, la forza della Parola scolpita di Valéry, l’essenzialità (ancora una volta la Parola - Pietra) di Ungaretti, la vitalità dolente di Pasolini.

 

Gianpiero Casagrande

 

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