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Bruno Mellano, Il disastro delle carceri italiane e il film “Cesare deve morire”

22/03/2012 10:43

 

Bruno Mellano, presidente dell’Associazione Adelaide Aglietta

Il disastro delle carceri italiane

e il film “Cesare deve morire”

 

“Cesare deve morire” dei fratelli Taviani, film girato nella sezione alta sicurezza di Rebibbia, viene premiato a Berlino nello stesso giorno in cui nella sala Presidenti della Regione Piemonte, Valentina Ascione presenta un reportage sulla situazione delle carceri in Italia, promosso da Radio Radicale. Le immagini di Paco Anselmi hanno impietosamente mostrato celle di Sassari, Perugia, Brescia, Messina, Favignana, denunciando sovraffollamento e precarie situazioni igieniche. La “turca” vicino al lavandino dove si lava la frutta, privacy ottenuta con tende ricavate da lenzuola. Dopo il convegno al Senato del luglio 2011 dove il Presidente della Repubblica Napolitano ha sottolineato la crisi carceraria, come “prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”, Simone Sapienza e Valentina Ascione hanno ottenuto regolamentare autorizzazione per visitare le carceri da agosto a ottobre. Commenta Bruno Mellano, presidente dell’Associazione Adelaide Aglietta, “gli autori hanno voluto fare un passo indietro, offrendo la possibilità di farsi un’idea dalle voci dei carcerati. Non si tratta di casi singolari, emblematici ma è il panorama delle carceri italiane”. Quattro i capitoli nel video: 1Carceri fuori legge, le strutture carcerarie talvolta violano l’ordinamento penitenziale (es. metri quadrati a disposizione del detenuto). 2 Composizione della popolazione detenuta. 3 Gestione del carcere, la versione inglese mostra il titolo “Like a monarchie”, quello che capita nelle carceri non trapela all’esterno per il forte potere discrezionale dei direttori sulla vita quotidiana. 4 Emergenza civile, sulla quale i radicali impostano l’azione politica a favore dell’amnistia. Valentina Ascione spiega il titolo “Giustamente”, ricavato dall’intercalare dei detenuti in Sicilia. Dicono di avere a disposizione un rotolo di carta igienica la settimana perché “giustamente” l’amministrazione non può dare un altro rotolo. Oppure “giustamente” stanno tante ore in cella perché non sono previste altre attività. Anche la versione inglese ha un titolo/gioco di parole, “Just-ice in Italy” (“Agghiacciante”). Fra le chiavi e le serrature in primo piano, compaiono volti impegnati in prima linea, sacerdoti (Gianni Pinna, Cataldo Fusco), volontari (Ristretti orizzonti), professori (Fulvio Vassallo). Colpisce la differenza di toni fra i direttori di carceri. Teresa Mascolo a Sassari illustra la metodica per cui si arriva a togliere persino il materasso a chi potrebbe creare dei problemi. Francesca Gioieri a Brescia ammette che nessuno ha la risposta perfetta in un problema contingente. Sulla parete di una cella campeggia la frase di B. Brecht, una società si mostra evoluta a seconda di quali siano le condizioni delle carceri. Bianca Berlinguer del TG3 a chiare lettere osserva che non c’è sensibilità, è difficile fare informazione sulle carceri, cala l’audience. A Bruno Mellano le conclusioni, si capirebbe la disumanità delle carceri se un milione di italiani potesse vedere queste immagini. I detenuti ritornano alla società più arrabbiati, disperati, più istruiti dal punto di vista criminale. 

Piergiacomo Oderda

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