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Pinerolese. Cenni storici. Il castello di Mombrone (o Montebruno) tra storia e leggenda

31/10/2020 9:09

Il castello di Mombrone. Tra storia e leggenda

di Dario Poggio

Il castello di Mombrone o Montebruno posto sulla strada tra Cavour e Pinerolo alla confluenza del fiume Pellice con il torrente Chiamogna fu edificato intorno al 1100 dai signori di Cavour.

Il 25 aprile del 1232 il Vicario del Podestà di Torino e Pinerolo con Federico di Piossasco investirono del castello di Mombrone Omodeo di Cavour già signore del castello inferiore della " Rocca di Cavour" e vassallo del castello superiore.

Questi, cacciato poi da Cavour dai signori del castello superiore della Rocca diede origine alla stirpe dei Mombrone che si estinse un secolo dopo. Il castello passò poi ai Savoia ed in seguito ai conti Rorengo di Luserna.

Nella pianura circostante il castello nel 1245, essendo i Savoia in guerra contro Asti, si tenne uno scontro sanguinoso, una battaglia tra cavalieri che vide sconfitto Tommaso II di Savoia il quale dovette ripiegare su Torino dove fu fatto prigioniero e messo in catene da una rivolta popolare dei suoi stessi sudditi.

Ai piedi del castello sorse un piccolo villaggio che nel 1542 fu sconvolto da una terribile alluvione.

Gli abitanti sopravvissuti furono costretti a spostarsi e fondare un altro villaggio in un sito più tranquillo sulle rive del Chisone che chiamarono Garzigliana dal nome dei Garzili, popolazione che già risiedeva in quel luogo.

Il castello rimase quindi solo sopra la piccola altura (che lo difendeva dalle frequenti piene alluvionali) ma questa solitudine lo rendeva sinistro, tetro e tragico. Il castello venne distrutto nel corso delle guerre Franco -Piemontesi alla fine del 1500. Infatti il duca Francesco Bona di Lesdiguieres generale francese fu inviato nel 1592 dal Re Enrico IV ad invadere lo stato sabaudo e fare terra bruciata di ogni opera, fortificazione o castello che osasse opporsi all'armata franco-ugonotta. L'esercito francese scese dal Moncenisio forte di 600 cavalieri, 3500 fanti e sei pezzi d'artiglieria. Tali fatti d’arme si protrassero fino al 1595 anno in cui i francesi dovettero ripiegare sconfitti dal duca di Savoia Carlo Emanuele I.

Negli anni della belle-epoque ruderi del castello di Mombrone e la collinetta su cui sorgevano furono adottati come palestra ideale della scuola di cavalleria di Pinerolo.

Tutti i migliori cavalieri italiani e stranieri si cimentarono in arditi esercizi sulle sue pendici ed una targa è stata posta in loco ad imperitura memoria.

Ai piedi dei ruderi del castello sorge un piccolo ma prezioso Santuario dedicato alla Vergine Maria ricostruito nel 1900 sui resti di quello antichissimo risalente a prima dell'anno mille, chiesa che fu distrutta dalla terribile alluvione del 1542 sopracitata.

Da secoli, sul castello di Mombrone si tramanda una triste leggenda che è stata raccolta e ben descritta da Ugo Marino nel libro " Leggende Pinerolesi “leggenda che ora sintetizzo: “Abitava nel castello, verso la metà del secolo XVI, un conte di Rorengo, piccolo feudatario rapace che tiranneggiava le popolazioni di quelle terre. Il castello era presidiato da una schiera di sgherri, reclutati tra i peggiori avventurieri ma era allietato dalla presenza di numerose donne e donnacce che componevano la servitù particolare della contessa; donna altezzosa, perfida e rapace al pari del marito. La coppia aveva un giovane figlio che, d'animo buono, ignorava le iniquità che i genitori tramavano tra le mura della dimora.

Tra le donne dipendenti dalla contessa, fu accolta un giorno un umile, bella fanciulla che il conte si era degnato di prendere sotto la sua protezione. Il figlio del tiranno e la giovane fanciulla si innamorarono subito. Fu amore prudente e silenzioso ma che non sfuggì alla contessa che ferita ed umiliata decise d'accordo con il marito di distruggere il pericoloso legame del figlio con la giovane plebea.

L'occasione fu colta quando il figlio del conte dovette recarsi in Provenza per partecipare ad un torneo. La sera che il giovane fece ritorno al castello, non ritrovò la fanciulla. Gli dissero che se n'era andata, che era fuggita non ricambiando l'accoglienza benevola che aveva ricevuto.

Il giovane, sconvolto attese la notte per progettare un piano per ritrovare l'amata.

Quella notte s'abbatte sul castello un violento temporale. Il giovane salì sulla torre dove vi era la camera che aveva ospitato la fanciulla ed aprì la finestra per ammirare l'uragano che si era scatenato e gli parve d'improvviso di udire la voce di lei, il suo passo, il battito affannoso del suo cuore. Repentinamente fu abbagliato da una luce infuocata che inondò la stanza. La folgore lo sfiorò e colpì il muro alle sue spalle che si sgretolò lasciando scoperta una nicchia. L'orrore che il giovane vide voltandosi lo agghiacciò: la sua amata fanciulla era là, diritta e serena, diafana e bella con un ferro piantato nel cuore. A questo punto si trascinò inebetito verso l'infame sepoltura, fissò la sua amata e lentamente levò il suo pugnale e cadde sanguinante ai suoi piedi."

Una ben triste leggenda...che aleggia da secoli tra i residui ruderi del castello e ridesta il fascino pauroso dell'uragano di quella lontana, tragica e terribile notte.

                                                                                               Dario Poggio

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