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Alessandro Borgotallo, autore del volume “Iskander. I miei primi venti racconti”

20/08/2020 15:38

di Piergiacomo Oderda

 

Pierandrea Camelia, giornalista di “Provincia Granda”, introduce al Parco Fonti di Garessio (CN) Alessandro Borgotallo, autore del volume “Iskander. I miei primi venti racconti”, edito da Nerosubianco (2019). L’autore, classe 1974, è avvocato penalista nonché giornalista pubblicista. Gli si chiede di svelare le sue origini garessine. Borgotallo ringrazia la Biblioteca locale che ha organizzato l’iniziativa e saluta nonna Cecilia, «testimone in prima persona dei racconti». Parte dal legame calcistico, per aver accompagnato a Garessio i figli a giocare a pallone, «normalmente le prendevamo». Esaminava la distinta dei giocatori della squadra avversaria per controllare la ricorrenza del cognome Mao, alla ricerca di «gocce di sangue per parte di mamma». Uno dei protagonisti di “Iskander”, infatti, è nonno Riccardo, classe 1921, di Mursecco, oltre ai fratelli Giuseppino, Albino e Celeste. Camelia o “Cam” come Borgotallo lo chiama familiarmente è incuriosito dal titolo del libro. L’autore ringrazia Sabrina Ferrero dell’editrice “Nerosubianco” e spiega come il titolo dovesse essere “Storie e memorie”. Ha prevalso tuttavia l’idea della moglie, Michela, legata ad un passaggio di uno dei racconti (“Pat Garrett e Billy the Kid”), si tratta del nome Alessandro in russo o in arabo.

«Cosa ci racconti del libro?», domanda Camelia. Si tratta di venti storie che nascono in momenti diversi della vita. Sottolinea «la componente che deriva dalla memoria storica del nonno, della Russia, della guerra», «frammenti di vita vissuta, istantanee di esperienza del tribunale, del servizio militare, pezzi del nostro passato». Ricorda le vecchie osterie dove si va più per incontrare l’oste che per consumare qualcosa o il battitore di lamiere, segno di un tempo in cui «si aggiustano le cose mentre ora si butta ciò che non funziona». Borgotallo sostiene che «per guardare avanti non si prescinde dal guardare alle nostre radici, ai nostri costumi». Camelia invita a riprendere la storia del nonno Riccardo, «un valligiano nell’esercito allo sbando che è riuscito a tornare a casa». Era “conducente” ossia «h 24 con i muli». Svolgeva il servizio militare a Bagnasco, «finché è scoppiata la guerra, aveva possibilità di seguire anche la campagna». La prima storia che lo riguarda è una vicenda di masche, avvenuta «pochi giorni prima che i fratelli Mao partissero per il fronte, forse nell’ultima licenza a Mursecco». Di sera i ragazzi vanno alla “vijà”. C’è una fisarmonica, si legge una storia, si conosce una ragazza, «si mette a lustro la divisa per conquistare uno sguardo». Ma non si deve tenere la veglia quando c’è un morto in paese, «lo spirito del morto può prendere le sembianze di un animale». Legge il racconto, commossa, la cugina Silvia che in un altro racconto (“Ventidue per due”) viene definita come la persona “con cui litigare per poi riabbracciarsi e la pallapazzachestrumpallazza da contenderci”.

Nonno Riccardo viene mandato in Russia con una tradotta che parte da Bagnasco e arriva all’ultimo lembo ucraino. Si ritrova sulla «linea caposaldo degli alpini tra le anse del Don». Misura il fiume a spanne riferendosi al Tanaro (il fiume russo era tre volte più grande). Mentre racconta al nipote traccia con lucidità il triangolo tra Annowka, Rossosc, sede del comando e Karabut, dove incontra il fratello Giuseppe. Nel gennaio ’43, gli alpini sono costretti alla ritirata. Consigliano a Riccardo di salvarsi la pelle e sullo slittone trainato dalla mula viaggiano il sergente maggiore Romeo Michelis, due commilitoni, uno di Viola e uno di Garessio. Si procede a quaranta gradi sotto zero, con gli scarponi sostituiti da due coperte fermate dal fil di ferro, «in questa ritirata i quattro si imbattono in un fagotto gelato». Si tratta di Mìliu Borgna di Deversi (“Mondovì 22 novembre 2001”). «Chi fa del bene in vita, riceve del bene», sentenzia Borgotallo. Dopo la quarantena a Merano, Riccardo torna a Garessio in attesa dell’evolversi dei fatti bellici. Il battaglione “Ceva” viene destinato a Bolzano, il nonno si trova in Alto Adige quando dopo l’8 settembre viene arrestato e condotto a Cassino. Sfugge ad un bombardamento alleato e cominciano quaranta giorni di “brigantaggio” in cui percorre gli ottocento chilometri che lo separano da Garessio. «Muove di notte, seguendo i fiumi, tenendosi lontano dalle vie di comunicazione». Borgotallo racconta in “Mezzanotte” l’insperato aiuto che riceve in un cascinale della Ciociaria. “Non rivedrà mai più i suoi benefattori, né loro rivedranno lui. Ma racconterà a figli e nipoti questa storia: uno straordinario gesto di fratellanza e coraggio”.

 

Piergiacomo Oderda

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