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Tra Cavour e Villafranca. Un Mausoleo dimenticato. Il sepolcreto dei Gerbaix De Sonnaz

29/11/2019 16:59

 

Il sepolcreto dei Gerbaix De Sonnaz

 

di Dario Poggio

Nel tratto di pianeggiante e rigogliosa campagna che divide Cavour da Villafranca Piemonte, uno dei territori delle nostre contrade ancora incontaminati da devastazioni urbanistiche ed ambientali, vicino all’antico mulino del Devesio, in vista della Rocca di Cavour e contornato della maestosa catena delle Alpi sorge il “Sepolcreto dei De Sonnaz”, solitaria e magica

testimonianza degli ultimi signori di queste antiche terre. (tuttavia, per la precisione, il Sepolcreto è dislocato in una sottile lingua di territorio che si insinua tra i comuni di Cavour e Villafranca e che dipende catastalmente dal comune di Barge).

Questa costruzione, in stile gotico, di color rosso vivo per i mattoni in cotto con cui fu costruita dall’ing. Vesmi nel 1897, appare improvvisamente all’occhio del viandante come un fantasma avvolto di densa, grigia nebbia, come una creatura architettonica, inquietante e misteriosa della mitologia Tolkieniana. Quasi un maniero che incute un senso di malinconica fierezza,

sormontato da svettanti e leggeri pinnacoli su cui cigolano al vento ferree banderuole

riportanti le antiche armi della nobile famiglia.

In questo monumento, edificato sulle terre ottenute in feudo nobile nel 1363

dal principe Giacomo di Savoia - Acaja, in compenso di servigi ricevuti da Pietro di Gerbaix di Belley, tesoriere del conte Verde, riposano le spoglie dei principali

appartenenti alla famiglia di origine savoiarda dei Conti Gerbaix De Sonnaz

(il cui primo personaggio storico conosciuto , Guido,  risale al 1150 ed è detto " nobilis vir Guidus apud Gerbaissy" da cui ebbero origine due rami principali: Negli elenchi Ufficiali Nobiliari  risultano iscritti due Rami  : il primo Marchionale, linea di Carlo Alberto,  il cui ultimo rappresentante  noto fu il conte  Maurizio de Sonnaz  deceduto nel 2011 ma non si sa se sia stato sposato e se ebbe prole, aveva però due sorelle di cui una sposata ;  il secondo  dei Baroni d' Aranthon, linea di Ettore, cui ultimo rappresentante risulta Carlo Alberto de Sonnaz  nato a Nizza nel 1839 e morto a Villafranca nel 1920 - vedi edizioni Annuario Nobiltà Italiana- edizione monumentale -) .

I De Sonnaz nel 1860, quando la Savoia fu ceduta alla Francia, optarono, in virtù del loro feudo villafranchese, per la cittadinanza piemontese ed italiana.

Una grande famiglia che, come ci dice il Costa Beauregard: “Per tre o quattrocento

anni in Savoia si ha l’abitudine di scrivere il nome accanto a tutti gli avvenimenti

della storia”, la cui valenza è indiscutibile ed eccezionale, in quanto tutti i suoi

principali membri parteciparono con grande onore, eroismo e gloria a quasi

tutti gli eventi bellici del nostro risorgimento.

Nella tradizione dei nobili Gerbaix De Sonnaz, c’erano due punti fermi: il mestiere delle armi e il legame con la dinastia di Savoia, per la quale avevano combattuto e dalla quale avevano ricevuto titoli, incarichi pubblici e cariche di corte.

Citando solamente i De Sonnaz legati agli avvenimenti più strettamente risorgimentali

ricordiamo il Generale Giano, nato a Thonon, in Savoia, il 1o Novembre 1736, un uomo

che dopo una brillante carriera militare era stato ridotto in stato di quasi povertà dalla

rivoluzione francese e nonostante avesse quasi ottanta anni non esitò a concepire una strategia

di liberazione della Savoia con la quale offrire il contributo proprio e di altri nobili savoiardi al

ritorno della dinastia Sabauda mettendosi a capo degli insorti che ridiedero, nel 1814, la Savoia agli antichi Re. Morì, purtroppo, prima di riuscire a concludere l’opera in seguito ai disagi che aveva dovuto affrontare. Vittorio Emanuele I, dopo la restaurazione, ordinò che, seppur morto, gli fosse conferito il Collare dell’Annunziata e riconobbe alla vedova onori, privilegi e le prerogative concesse alle vedove dei cavalieri di tale Ordine.

Tra gli altri De Sonnaz spiccano il Colonello Maurizio Gonzaga, Carlo Alberto ed i Generali Ettore e Giuseppe De Sonnaz tutti senatori del Regno ed insigniti dell’Ordine Supremo

del Collare della S.S. Annunziata (divenuti quindi cugini del Re).

Ettore ( terzo figlio di Giano) , già ufficiale napoleonico di Gioachino Murat , comandò il II Corpo d' Armata nella prima guerra d' Indipendenza, Governatore di Genova,  fu senatore, ministro della guerra, maggior generale dell’armata sarda piemontese, preparò la spedizione in Crimea  e combatté in tutte le campagne risorgimentali fino a quella del ’59; frequentò i salotti aristocratici di Torino tra cui  quello della marchesa Giulia di Barolo  dove si trovava spesso a discutere con  i principali aristocratici e notabili piemontesi (  tra cui il marchese Antonio di Cavour, Pietro di Santarosa, il conte Federico Sclopis , il conte Solaro della Margherita, il conte Rodolfo de Maistre )  morì a Torino il 7 giugno 1867.

La città di Torino volle ricordarlo con un monumento in piazza Solferino.

Il nipote Giuseppe, comandante del IV corpo d’armata del Regno d’Italia combatté,

 anche lui, tutte le guerre d’ indipendenza italiana. Morì nel 1905. Di lui si racconta che prima di

morire chiese un sacerdote che non avesse “a parlargli male del suo Re e della

Patria” e, con un ultimo brindisi alla salute del Sovrano e dell’Italia esalò l’ultimo respiro.

I nobili De Sonnaz furono dei veri gentiluomini, generosi, coraggiosi, leali e non si arricchirono.

Furono sempre in eroica gara per emulare e superare in virtù e coraggio i loro già famosi avi. Certamente, di questi tristi tempi, uomini come i De Sonnaz sembrano eroi discesi da un altro pianeta, uomini con incrollabili ideali, profonda onestà e fede in quella potenza dello spirito che oggi pare completamente dimenticata, se non addirittura derisa.

Ritornando al vecchio edificio, l’entrata principale è fiancheggiata da quattro bellissime colonne di marmo bianco sormontate da capitelli scolpiti e fiancheggiate da due nicchie vuote anch’esse contornate da colonne in marmo scolpite. L’interno della chiesetta è suddiviso in due reparti, l’uno destinato al pubblico e l’altro al celebrante con il relativo altare di severo marmo grigio; il

primo reparto è sormontato da un soffitto a cassettoni in legno di pregevolissima fattura (un tempo sull' altare vi erano posti sei artistici candelabri in bronzo con lo stemma di famiglia scolpito ai piedi ed in mezzo un grande Crocifisso di bronzo che li sovrastava. Attorno erano posate alle pareti labari, bandiere, nastri e corone funebri (alcune anche offerte dai Sovrani), nel centro del pavimento una lastra marmorea con scolpito lo stemma della famiglia. Sul lato sinistro della tomba era presente un busto di pregevole fattura rappresentante Maria Teresa Gallone, moglie del generale Ettore, i cui discendenti furono in parte eredi dei De Sonnaz.   

Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare nel mausoleo non vi è segno, lapide, nome o indicazione delle tombe dei De Sonnaz, che pur ivi riposano ( secondo loro precise  disposizioni, infatti tre di esse risultano murate, per lungo, nella parete a sinistra dell'altare e precisamente quella del generale Giuseppe , quella del ministro Carlo Alberto e quella della contessa Maria Avogadro di Collabiano vedova di quest'ultimo) , quasi a testimonianza di un ultimo atto di umiltà della illustre famiglia.

Incredibilmente questo reperto di notevole valenza storica ed anche

artistica, seppur non di antichissima datazione, giace da anni in completo abbandono e desolazione, lasciato all’incuria dei tempi e dell’uomo, riportando infatti anche manifesti segni di atti vandalici.

(infatti sono state depredate le colonne marmoree, i marmi dell'altare e tutto quanto era possibile trafugare inoltre alcuni anni fa sono state aperte le tombe e portate via le spoglie dei De Sonnaz che ivi riposavano, non si sa se da parenti o da chi. Esiste la testimonianza di una persona abitante in zona che si ricordava che i resti furono prelevati e portati a Barge ma non si rammentava l’anno).

Inoltre il pavimento risulta sfondato ed il tetto crollato in alcune parti.

Ovunque vi regna grande tristezza e desolazione...

Ci auguriamo che queste brevi annotazioni servano a sensibilizzare coloro che hanno a cuore la salvaguardia ed il recupero del patrimonio artistico e culturale delle nostre terre (almeno di quel che ancora rimane...).

(Fonti documentali e fotografiche: si ringraziano in particolare le sig.re Franca Giambiasi e Maria Grazia Turina del “Gruppo di ricerca storica” della Pro Cavour, il libro di Stefano Grande " Gli 800 anni di storia di Villafranca Piemonte e “L' Annuario della Nobiltà Italiana " ed il suo direttore Andrea Borrella). 

 Nella foto il sepolcreto oggi deturpato  delle belle colonne marmoree

                                                                                                                                                             Dario Poggio

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