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“Il Caravaggio rubato. Mito e cronaca di un furto” di Luca Scarlini

19/10/2018 8:15

di Piergiacomo Oderda

In questi giorni sul Corriere della Sera, Paolo Conti ha ripreso la vicenda del dipinto di Caravaggio, la “Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi” (1609). Trafugato nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969, secondo l’opinione di Rosy Bindi, già presidente della Commissione Antimafia, si troverebbe forse smembrato in più parti in Svizzera, “crocevia dei traffici clandestini internazionali dell’arte rubata”. Si è costituita una “task force” su impulso del Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale (“Michelangelo for justice”) che “ha deciso di operare, in campo internazionale, per il recupero della Natività”. Su quest’argomento, un prezioso libretto di Luca Scarlini, classe 1976, è stato rieditato da Sellerio, “Il Caravaggio rubato. Mito e cronaca di un furto” (2018).

La copertina mostra un dettaglio importante sul volto di Maria, “il suo viso è avvolto da melanconia, sembra immaginare e scostare dalla mente nello stesso tempo il futuro amaro e trionfale del suo rampollo”. S’intravede sulla destra la nuca di S. Giuseppe in un’incredibile torsione “in sacra e muta conversazione con San Francesco e con il suo compagno”. “Buca lo schermo” del quadro l’angelo, “si tende come una freccia incoccata nell’arco, ha una fretta indemoniata di correre a quel giaciglio… ha da annunciare clamorosamente al mondo il miracolo”. Scarlini ricostruisce le reazioni della stampa al furto, in particolare riporta l’articolo di Leonardo Sciascia su “L’ora” (20-21 ottobre 1969), “ancora una volta dobbiamo amaramente constatare che questo non è un paese civile… non lo è nella conservazione delle opere d’arte e delle testimonianze storiche”. Segue un breve capitoletto sulla “situazione complicatissima della gestione dei beni artistici in mano ecclesiastica”. La “vis” polemica dell’autore mi sembra che andrebbe riequilibrata dal lettore con una serena valutazione, magari supportata dal quaderno dell’Associazione piemontese per l’arte cristiana Guarino Guarini, “I beni culturali della chiesa. Metodi ed esperienze di valorizzazione pastorale” (Effatà, 2009). L’istituzione della Pontificia Commissione risale alla Costituzione apostolica “Pastor bonus” del 1988 (S. Giovanni Paolo II).

Scarlini descrive i “teatrini” di Giacomo Serpotta (“Il martirio di San Lorenzo”, 1703; “La tentazione di San Francesco”, 1701; “San Francesco predica dinanzi al Sultano”, 1701), sculture presenti anch’esse nell’oratorio di San Lorenzo a Palermo dove è stato rubato il quadro di Caravaggio. Attualmente, una serie di fotografie del 1923 attestano l’aspetto precedente la manomissione del 1969. Quanti dagli anni Quaranta hanno cominciato a vedere Serpotta con occhi nuovi sono stati colpiti da “quella mistura eccezionale di popolare e aulico che lega insieme la sua visione” e da quell’intuizione di inizio secolo di Ernesto Basile, il “confronto-scontro tra il nero di tenebra caravaggesco e il bianco accecante serpottiano”. Il capitolo sulla mafia d’arte apre uno spaccato sulla mafia che individua nel mondo dell’arte “un simbolo adeguato del colpo al cuore dello Stato”.

L’autore passa a delineare alcune ipotesi, iniziando dall’allora comandante del reparto operativo del Comando Carabinieri (Musella). Il dipinto dimostrava il fasto nelle adunanze delle cosche mafiose. Nella versione fornita da Francesco Marino Mannoia, “collaboratore di giustizia”, lui stesso rubò il quadro “con una lametta da barba, arrotolandolo poi per il trasporto”. Si evidenzia lo sprezzo “verso l’opera d’arte intesa come sintomo e simbolo di una civiltà che si vuole annullare ad ogni costo”. Secondo Raffaello Causa, specialista d’arte mancato nell’84, un restauratore fece una soffiata, il quadro sarebbe stato al sicuro in una villa di Palermo (furto su commissione). Ancora un’ipotesi sul ricatto prende il nome dall’autore di una monumentale monografia sul Caravaggio, “pictor praestantissimus”. Si accenna al film di Roberto Andò, “Una storia senza nome”. Tornando al quadro in questione, si può suggerire un approfondimento in occasione del 21 marzo, giornata abitualmente dedicata ad un momento di riflessione su mafia e legalità. Il vescovo ci suggerirebbe di fermarsi di fronte all’immagine, ad una fotografia purtroppo datata presente per esempio in S. Zuffi, “Simboli e segreti. Caravaggio” (Rizzoli, 2010).

La contemplazione del bimbo “posato a terra su un panno, disteso direttamente sulla paglia” mostra tutti i partecipanti con il capo chino”. “La loro presenza è quella della sottomissione assoluta di fronte al Salvatore”. La mano di Giuseppe pare indicare con stupore l’evento straordinario di cui è stato partecipe.

Piergiacomo Oderda

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